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Strada senza ritorno

Regia di Samuel Fuller vedi scheda film

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La recensione su Strada senza ritorno

di alan smithee
7 stelle

Senza alcun preambolo di sorta, il film ci introduce, anzi ci scaraventa, nel bel mezzo di una violenta rissa di quartiere, ove lo scontro tra polizia e senza tetto e piccoli criminali si avvia a mettere a soqquadro l’intera città.

All’interno di questa guerriglia di quartiere, riconosciamo un uomo che vaga stralunato: un cappellone senza tetto, un diseredato, all’apparenza, che nasconde tuttavia dei natali di prestigio: un flashback infatti ci riporta a poco tempo prima, quando l’uomo, un cantante di fama e gran successo, rimane folgorato da una ballerina stupenda di un night, mentre questa sostituisce la abituale artista, malata.

L’uomo ne rimane folgorato, e la passione è ricambiata al punto che, dopo l’amore incandescente consumato sullo yacht del cantante, i due si danno appuntamento per fuggire assieme per la sera successiva, acchiappando l’ultimo treno.

Ma la ragazza è succube di un perfido immobiliarista, losco e con ricca moglie al seguito ancor più spietata, che comprometterà per sempre la carriera in ascesa del cantante, ma non potrà fare a meno di scontrarsi con l’ira di quest’ultimo, disposto a vendicarsi a tutti i costi, mettendo pure a repentaglio i loschi piani dell’uomo, intenzionato a degradare il quartiere principale cittadino per ricomprare a prezzi bassi gli immobili, rivendendoli in futuro a prezzi decuplicati, ad avvenuta riqualificazione del circondario.

C’è di tutto in questo film sufficientemente pasticciato, estroso, melodrammatico ed esagerato che segna l’ultima avventura nella regia del gran regista Samuel Fuller.

Erotismo a profusione, garantito dalla presenza sublime della splendida attrice cilena Valentina Vargas, lanciatissima negli anni ’80 (la ricordiamo come oggetto di sensualità ed iniziazione sessuale ne Il nome della rosa, ma pure ne Le grand bleu, biopic kitch e melodrammatico, ma non pessimo di Besson incentrato sul dualismo “subacqueo” Mayol/Maiorca) e qui davvero mozzafiato nelle molte scene di nudo che la contrappongono a Keith Carradine, pure lui assai in forma, e disposto per l’occasione a dividersi nel doppio ruolo di cantante (sfoderando un gran bel timbro vocale, in linea con la sua fama consolidata di cantante) ed attore protagonista.

Torpiloquio grezzissimo, ma vitale, dialoghi al limite del ridicolo (“mi sento come un ramo scosso dalla tormenta”, afferma la Vargas nuda, insicura ma soddisfatta tra le braccia del suo amante appena incontrato), non inficiano una sostanziale riuscita di un film strambo, pieno di action piuttosto ben orchestrata, ma che ha soprattutto il coraggio di non porsi molti limiti di censura, riuscendo a districarsi entro tutta una serie di argomenti ed implicazioni disparate (la speculazione edilizia, le sommosse di classe sociale fomentate per scopi di lucro, l’ambizione di una propria carriera, l’amore puro che tenta di sovrastare le ragioni della fama e della ricchezza a tutti i costi, il razzismo che sfocia in violenze verbali e fisiche, fino ad una lotta di classe e di razza che diventa una vera e propria guerriglia), che in qualche modo riescono a convergere in un unico, seppur caotico, fulcro centrale.

Completano un cast piuttosto ricco di personaggi, Andrea Ferreol nei ruolo della manager gelosa del nostro rocker, e Bill Duke, capo della polizia nero, anzi “negro”, come è appellato dai suoi superiori col disprezzo che si riserva a chi non gode di fiducia né di credito di fronte ai propri potenti superiori di razza bianca.

 

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