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La regola del gioco

Regia di Jean Renoir vedi scheda film

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La recensione su La regola del gioco

di ed wood
10 stelle

Jean Renoir in stato di grazia a dirigere questa fantasmagorica tragicommedia, che porta a compimento le ricerche effettuate dal grande maestro francese per tutto il corso degli anni 30 (decennio di riflusso per l'arte cinematografica in tutto il mondo, dopo l'esaltante esperienza delle avanguardie del muto: Renoir fu forse l'unico autore ancora capace, in quella decade di recessione, totalitarismo e riarmo, di sperimentare col linguaggio filmico pervenendo, in più di un'occasione, a risultati avveniristici). "La regola del gioco" pare girato ieri. Osservando il modo in cui l'autore mette in scena questo convulso balletto di sentimenti, questa giostra inebriante di desideri, questo gioco al massacro delle convenzioni di classe, si può ben capire come i concetti di "naturalismo" e di "critica di costume", ai quali sovente vengono associati forme e contenuti di Renoir, appaiano riduttivi. Questa triste farsa che coinvolge, senza mai intersecarle, borghesia e servitù viene squadrata da ogni prospettiva, in nome di un relativismo di sguardo e di psicologia estremamente moderno. Fulminei movimenti di macchina, calibrati piani-sequenza, sornioni carrelli, profondità di campo (con le porte spalancate che rivelano verità nascoste), uso creativo del sonoro e del fuori-campo, gestione tridimensionale degli spazi interni sono lungi dall'essere utilizzati a fini di esibizionismo gratuito, bensì evidenziano senza alcuna enfasi la fitta intelaiatura di relazioni fra i personaggi così come l'ondeggiare degli stati d'animo dall'ilarità più spensierata ad un sottile senso di inquietudine. La mescolanza inaudita dei toni (causa/effetto dell'amoralità di fondo) e l'impiego di digressioni (come quelle lunghe inquadrature dedicate agli animali in fuga dai cacciatori o la lugubre recita coi costumi da scheletro) è così moderna da ritrovarsi nel più avanguardistico cinema francese contemporaneo, da Kechiche a Desplechin. La direzione anti-melodrammatica degli attori, la capacità di dispegare con leggerezza un copione così complesso, l'agilità nel passare da vertiginose sequenze corali a confessioni intime, l'elegante ferocia con cui distrugge la credibilità del matrimonio "istituzionale" rendono quest'opera di Renoir immortale ed estremamente influente.

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