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Intervento divino

Regia di Elia Suleiman vedi scheda film

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La recensione su Intervento divino

di speedy34
6 stelle

Un film palestinese (il primo!) selezionato al Concorso Ufficiale del Festival di Cannes 2002: Intervento Divino di Elia Suleiman. E la notizia è ancor più clamorosa nello scoprire come il regista Suleiman (palestinese cresciuto in Israele), evitando intelligentemente qualsiasi immagine "classica" televisiva di un Medio Oriente anestetizzato da bombe, slogan, cingolati e morti in primo piano, ci fa immergere in una realtà atroce e tragica attraverso una tessitura di realistico e di surreale, di sconsolato e di speranzoso insieme. Con la stessa lucida ed arguta ironia di un Moretti d'annata e l'aria stralunata e grottesca di un Woody Allen degli esordi, Elia Suleiman (anche interprete del film ) osserva, a bordo della sua auto ferma ad un check point israeliano, i quotidiani soprusi ed "innocenti" stragi che feriscono più profondamente le coscienze degli spettatori così scoprendo come, se si riesce a far ridere facendo satira, di questi tempi, ambientata nei territori occupati, questo sia inequivocabile segno della nascita di un nuovo autore cinematografico. Vicini di casa che si gettano di nascosto la propria immondizia l'uno nel cortile dellìaltro; un uomo in macchina che apostrofa dei più oltraggiosi appellativi i conoscenti che saluta cordialmente dalla sua vettura; un Babbo Natale che scappa con il suo sacco pieno di regali inseguito da gruppo di giovanotti, a Nazareth, che vogliono accoltellarlo; un'ambulanza fermata e perquisita al check point ed un soldato di Tel Aviv, ubriaco col megafono, buffone danzante con il mitra tra automobili ferme in attesa di passare il confine: strisce di un tragicomico fumetto che disegnato su un equilibrio così tenue e sottile finisce per sfociare nella totale irrealtà. Unico neo (quanto una dimensione così poco palpabile e decodificabile può essere percepita dal "distratto" ed "ignorante" pubblico cinematografico occidentale?) di un film che nella poesia di un palloncino (con la faccia di Arafat stampata sopra )che sorvola il territorio nemico e nella sfrontata spudoratezza di una donna (la bellissima ed intensa nel suo mutismo Manal Khader) che, con movenze da modella, supera indisturbata il confine riproduce la rabbia surreale e quella grottesco demenziale che si rivelano uniche vie per riuscire a raccontare le guerre del nostro mondo.

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