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Brucio nel vento

Regia di Silvio Soldini vedi scheda film

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La recensione su Brucio nel vento

di FilmTv Rivista
8 stelle

«Oggi ricomincio la corsa idiota». Dice Tobias ad alta voce e scrive, con una matita, i suoi pensieri sullo schermo nero usato come un diario, un quaderno. La scrittura (letteraria e cinematografica) come deposito del desiderio di un’altra vita: fare lo scrittore, essere altrove, essere un altro, aspettare una donna sconosciuta e irreale, staccarsi dalla macchina con cui fabbrica pezzi da assemblare in orologi tutti uguali, avere un altro passato e un’altra memoria, smetterla di camminare sulla corda tesa, non protetta da una rete, di due lingue, quella natale e quella acquisita, di due identità, di un’estraneità più angosciosa di quella imposta dalla condizione di immigrato. La sua anima è divisa in tanti frammenti, nel vento, nel gelo, nella solitudine, nei pensieri di un inverno svizzero. Straniero a se stesso e al paese che lo ospita, fotografato con i colori e descritto con inquadrature che sottolineano la continuità figurativa con le luci velate dell’Est dal quale Tobias è fuggito convinto di aver ucciso il padre, uno dei clienti della madre, la mendicante e la puttana del villaggio senza nome dove tutto è cominciato. Il duro melodramma raccontato da Agota Kristof nel suo romanzo “Ieri” è il territorio emotivo e geografico sul quale Silvio Soldini raccorda la sua poetica d’autore, “L’aria serena dell’Ovest” e “Le acrobate”, e l’esplorazione, nella commedia esistenziale, di “Pane e tulipani”. Le rinunce, le frustrazioni, le pene e l’infelicità del melodramma sono, naturalmente, più avvolgenti e strazianti di altre tonalità più lievi, nonostante un finale più luminoso e più caldo (da Oriente a Occidente e poi al Sud) di quello del romanzo. Gli attori scelti dal regista (Ivan Franek e Barbara Lukesová) sono perfetti nel lasciar vibrare e “bruciare” una tristezza e un’inquietudine irreparabili. Il film riesce a essere denso ed intenso con momenti molto belli, anche se certi riavvolgimenti della storia su se stessa e alcune scene in cui si torna, senza una vera necessità, su personaggi e su passaggi narrativi secondari, affievolisce la veemenza della passione. D’amore e di racconto.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 4 del 2001

Autore: Enrico Magrelli

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