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Il male oscuro

Regia di Mario Monicelli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il male oscuro

di axe
7 stelle

La vita non sorride a Giuseppe Marchi, uno scrittore che tira avanti realizzando sceneggiature per produzioni cinematografiche di basso livello. Poco dopo il funerale del padre, un arcigno ex-carabiniere, conosce una ragazza molto più giovane di lui, la quale s'innamora dell'uomo. Si sposano, hanno una figlia, ma la serenità, pur essendo a portata di mano di Giuseppe, non arriva, a causa di presunti malesseri fisici e turbe psichiche. C'è una speranza per il protagonista ? Non è facile dare una risposta a questo quesito. Tratto da un romanzo di Giuseppe Berto, "Il Male Oscuro" è diretto dal maestro del cinema italiano Mario Monicelli ed interpretato da Giancarlo Giannini ed Emmanuelle Seigner. L'attore spezzino porta su schermo un personaggio molto complesso; Giuseppe Marchi, la cui giovinezza è stata segnata, apprendiamo, da un rapporto difficile con il padre, uomo autoritario il quale faceva "pesare" i sacrifici fatti per il prossimo, vive un periodo di estrema difficoltà a causa di un'incerta percezione del dolore, che lo convince d'essere malato grave. Le conseguenze psichiche della malattia immaginaria complicano la vita delle persone che gli sono intorno, avvelenando la vita coniugale. Inconcludente e tronfio, ora lamentoso, ora brontolone, ora pronto a lanciare invettive, ora ad accollarsi la responsabilità per un'infelicità collettiva, l'istrionico ed esplosivo Giuseppe allontana da sè la giovane e paziente moglie, interpretata da Emmanuelle Seigner. Il colpo di grazia giunge con la decisione di rivolgersi ad uno psicologo. Il male immaginario nel fisico trova causa in disturbi mentali, che un solerte psicologo porta alla luce e successivamente dichiara risolti. Il rimedio è peggiore del male, poichè Giuseppe, convinto d'essere sempre stato sano, e di vivere nel modo giusto - in realtà imponendo una severa "austerity" alla quotidianità familiare, dà colpa delle sue tribolazioni alla moglie. Abbandona la famiglia, la città, il poco redditizio lavoro; trova un'apparente equilibrio conducendo vita agreste e solitaria. Ma i rimpianti, in forma di effimere apparizioni, lo perseguitano. La dialettica del regista Monicelli traspare con evidenza in quest'opera. Per prima cosa, rileviamo come egli rappresenti con pessimismo il contesto sociale del protagonista. Il diffuso benessere non placa i mali dell'animo; l'avvenuta soddisfazione dei bisogni primari, il vuoto emotivo, il fallimento delle ideologie, lasciano che una mente non diversamente (pre)occupata compia elaborazioni fini a loro stesse; la persistenza della malattia, rivelatasi immaginaria, del protagonista, è favorita non solo dai dolori, ma anche dai non incisivi, ne' omogenei interventi dei "luminari" cui l'uomo si rivolge, nessuno in grado di circoscrivere le patologìe. Lo smarrimento di Giuseppe è condivisibile con chiunque, il quale, dando per scontato il diritto alla salute, chieda sempre di più ad una classe medica poco concentrata e non meglio preparata - altro oggetto della critica del regista - al cui apice è lo psicologo, che riesce infine a far comprendere a Giuseppe la realtà circa il suo stato di salute, dichiarandolo pertanto guarito; non sembra essersi interessato, tuttavia, delle condizioni generali della psiche dell'assistito, il quale matura convinzioni assolutamente fasulle che portano alla definitiva rovina, propria e della famiglia. Torniamo dunque alla ricerca di una risposta per la domanda posta in introduzione. C'è speranza per il così "reimpostato" Giuseppe ? La risposta, a mio parere, è negativa. Non è l'isolarsi, il rifiuto di una reltà sgradevole, dall'orrore del quotidiano - una fuga condivisa da molti; la moglie cerca consolazione con un amante, il committente dei suoi lavori fuggendo all'estero e lasciando dietro di sè montagne di debiti, una ex-compagna, andando a vivere in una lontana provincia - che risolve i suoi problemi. Nel podere in Calabria presso il quale si ritira, Giuseppe non vive; sopravvive, tra rimpianti, speranze non realizzabili, in una disperata solitudine che trascende il contingente, per assurgere a condizione esistenziale dell'uomo moderno, sempre più in crisi. Ottima l'interpretazione di Giancarlo Giannini; molto brava la sensuale Emmanuelle Seigner. Degna di nota è la presenza nel cast di Vittorio Caprioli (lo psicologo). Le tonalità del film sono quelle di una commedia amara. Rileviamo alcune piccate "intemperanze" del regista nei confronti di argomenti religiosi. Impossibile, poi, non sorridere, di fronte alle espressioni di Giuseppe, ai suoi marcati pregiudizi, ala lunaticità; l'amarezza è connessa alla sua insoddisfazione, all'infelicità, la quale si estende ai danni delle persone a lui più vicine. Il male oscuro è il "mal di vivere" connesso alla modernità; un'irrequietezza di fondo, un'incapacità di godere di quanto di buono è pure a portata di mano, inquinano senza rimedio i rapporti umani, facendo preferire ad essi una solitudine, che non darà tuttavia il sospirato sollievo.

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