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Harrison's Flowers

Regia di Elie Chouraqui vedi scheda film

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La recensione su Harrison's Flowers

di luisasalvi
8 stelle

"Il resto si può immaginare: bombe, cecchini, pulizia etnica, esecuzioni sommarie etc. Ma lo stupore e l'orrore della povera Sarah (Andie Macdowell) sono così ovvie e di riporto che non ci commuovono neanche un po'". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 12 ottobre 2001). Ma quello che di solito non viene rilevato, e che pure mi pare sia il senso del film, evidente in tutto il racconto e sottolineato dal titolo e dalla conclusione, è il rifiuto dei reportage di guerra: Harrison Lloyd, premio Pulitzer per il giornalismo, recuperato dalla moglie in condizioni pietose, si riprende grazie al figlio che lui aveva sempre trascurato ma che durante la sua assenza ha curato i fiori che lui coltivava nella serra, e conclude il film dicendo che d'ora innanzi fotograferà solo i fiori: quelli del titolo, appunto. Il voluto contrasto fra il bel mondo indifferente in America e le violenze della guerra è ovvio, ma diventa fastidioso per l'accanimento cinico dei fotografi che arrivano da quel bel mondo e scattano a mitraglia sugli orrori bellici, da cui loro pretendono di essere risparmiati perché sono "stampa". Forse anche con l'implicito ricordo della ben diversa conclusione del ben diverso film Deadline (L'ultima minaccia) di mezzo secolo prima, in cui la frase finale, "questa è la stampa, amico. E non ci puoi fare niente", sigillava l'efficacia di una denuncia eroica (quella sì) di un giornalista sconfitto dal potente locale ma che riesce ancora a denunciarne i misfatti, nell'ultimo numero del giornale che quello ha comperato per farlo tacere. Ben altra la stampa di oggi, che "denuncia" orrori che assetati di avventure o di gloria vanno a filmare per gente che li sorbisce a tavola sbadigliando. In questa ottica il film acquista il suo senso; ma il fatto stesso che la critica non se ne sia accorta dimostra quanto poco efficace sia anche questa denuncia, mascherata sotto lo stesso gusto macabro per gli orrori, gratuitamente propinati a piene mani e accolti come centrali dalla critica. Eppure proprio la ripetitività delle improvvise esplosioni di violenze assurde ne dovrebbe rendere evidente il senso di amara parodia del telegiornale. Forse merita rileggerlo con maggiore attenzione a questo aspetto.

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