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La stanza del figlio

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La stanza del figlio

di cheftony
7 stelle

Giovanni, è inutile! Tanto non si può tornare indietro...”

Invece è proprio quello che io voglio fare: tornare indietro.”

Ah, tanto ci sei solo tu. Degli altri non ti importa niente. Non c'entra Andrea, non gli vuoi bene! Non hai nemmeno scritto a quella ragazza! Solo le tue ossessioni contano...”

 

Nemmeno una convocazione da parte del preside scolastico sembra scalfire più di tanto la serenità della famiglia Sermonti: Giovanni (Nanni Moretti) vi si reca pieno di dubbi sull'accaduto che ha portato alla sospensione del figlio Andrea (Giuseppe Sanfelice), probabile colpevole, insieme ad un compagno, di aver sottratto un fossile dal laboratorio di scienze.

Convinto dell'innocenza di Andrea, forte della sicurezza di aver sempre gestito impeccabilmente ogni aspetto della vita sua e dei suoi cari, Giovanni, di professione psicanalista, supera l'incombenza senza problemi; la moglie Paola (Laura Morante) ha una piccola casa editrice e i due hanno anche un'altra figlia adolescente, Irene (Jasmine Trinca), anch'essa dunque nel pieno di una fase delicata.

Di punto in bianco, nella giornata di un'assolata domenica, la mazzata: Andrea muore in un incidente subacqueo. All'immediata reazione di ingestibile dolore deve necessariamente seguire un periodo ancor più difficile: quello dell'elaborazione della terribile perdita, faccenda estremamente personale, ma che i coniugi e la figlia Irene devono affrontare il più unitamente possibile.

Lo psicanalista, tutto preso dal suo continuo rimuginare su ciò che è stato, addirittura adirato col paziente (Silvio Orlando) che quella domenica lo convocò con urgenza sottraendolo ad un'ipotetica corsetta col figlio, si scopre incapace di proseguire dignitosamente la sua attività. Come se non bastasse, il legame con la moglie è messo a dura prova dai loro diversi approcci al devastante lutto…

 

 

A Cannes hanno sempre amato il nostro Nanni: Palma d'Oro al festival edizione 2001, “La stanza del figlio” segna un cambio di direzione netto rispetto ai suoi lavori precedenti; tolti i panni dell'alter ego Michele Apicella, il regista romano sembrava uscito allo scoperto, ormai del tutto se stesso in ogni pellicola, ma torna qui ad interpretare un personaggio fittizio, a ben sedici anni di distanza da “La messa è finita”. Ecco, a tal proposito, il difetto peggiore di questo film, giustamente tenuto in buonissima considerazione, è la resa recitativa di Moretti, minimalista e contenuto, ma calato non bene in un ruolo davvero difficile (anche molte scene di psicanalisi funzionano il giusto, troppo abbozzate e “insipide”, nonostante le partecipazioni di Silvio Orlando e di un inedito Stefano Accorsi). Peraltro, ad oggi, è il suo ultimo film da protagonista.

Sempre sul piano attoriale, dando quasi per scontata l'eccellente prova della Morante, questo è il film d'esordio della ventenne Jasmine Trinca, selezionata fra molti giovani candidati al ruolo (al pari di un Sanfelice molto più in difficoltà) da un Moretti senz'altro bravo quantomeno a scegliere ragazzi comuni, con tratti “ordinari” e imperfezioni.

Curiosamente ambientato ad Ancona, fotografato in maniera piuttosto anonima dal solito collaboratore Giuseppe Lanci, “La stanza del figlio” è un film cupo, eternamente sospeso, che alla mezz'ora rifila uno schiaffo allo spettatore, condotto ad assistere ad una complicata elaborazione del peggior lutto possibile; un tema delicatissimo, affrontato senza sensazionalismi né clamori, con momenti di una certa profondità e soavità. La scrittura di Nanni Moretti, affiancato alla sceneggiatura da Heidrun Schleef e Linda Ferri, sbraca solo in un paio di momenti, ovvero nella reazione di Giovanni all'omelia poco gradita del prete e nell'artificiosa rissa alla partita di pallacanestro della figlia.

Fra le sequenze memorabili impossibile non citare i dettagli delle onoranze funebri, con le viti che affondano il coperchio della bara di Andrea con un rumore sordo, sempre uguale, indimenticabile, che torna ad assillare i timpani dei cari; encomiabile, oltre che sintomatica della consueta grande attenzione di Moretti per essa, la colonna sonora: stupisce come in un paio di scene finali (di grande impatto) Nicola Piovani si faccia da parte lasciando spazio alla bellissima “By this river” di Brian Eno, chiudendo splendidamente un buonissimo film che rischia solo di arrancare.

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