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Crazy/Beautiful

Regia di John Stockwell vedi scheda film

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La recensione su Crazy/Beautiful

di degoffro
4 stelle

Lei vive annoiata e distratta con il padre, un membro del Congresso e con l’arcigna matrigna, in una lussuosa casa dalle pareti di vetro. Lui è concreto, assennato e vuole entrare all’Accademia Navale ("voglio fare il pilota" che fantasia!!!): un ragazzo messicano che più corretto e dedito al dovere non si potrebbe, ben lontano dal tipico giovane latino americano attaccabrighe e perdigiorno. Nicole è invece arrabbiata, spudorata (per lei fare l'amore mentre tutti ti guardano, compreso il papà, dai finestroni della casa, è una cosa del tutto normale e consueta) e incompresa: "ha la capacità di prendere un bel treno in corsa e farlo deragliare", dice suo padre. Come se fosse una malattia genetica si porta con sé il suicidio della madre, che lei stessa trovò a dodici anni senza vita. Da lì in poi tra droghe, alcool e atti vandalici Nicole trascorre la sua gioventù facendo di tutto per bruciarsi il più in fretta possibile ("Facciamo una vita troppo stressante: stiamo scoppiando", incredibile ma vero è uno dei dialoghi più "autentici" del film, purtroppo espressione di una gioventù composta da ragazzi che "giocano a fare i duri e i ribelli", che in realtà però fanno sempre meno, eppure sono sempre stanchi, annoiati, infastiditi da tutto e da tutti, completamente scazzati, ai quali non puoi chiedere nulla né puoi rivolgere il minimo rimprovero o la più elementare osservazione, senza suscitare reazioni nervose ed irritate, dal momento che sono loro ad avere comunque ed in ogni caso ragione!!) ed imposta la sua storia con Carlos soprattutto come una forma di contrasto verso la figura paterna. Anche la famiglia di Carlos, diffidente di natura e a sua volta abbandonato dal padre, non accetta di buon grado la sua scelta. Il contrasto tra i due mondi diversi e tra le aspirazioni diametralmente opposte dei due ragazzi inquina il loro rapporto che, dopo un primo idilliaco periodo, inizia a sgretolarsi. Ma come tutte le favole che si rispettino sarà proprio Carlos a salvare Nicole dall'autodistruzione cui si era votata, a metterla in comunicazione con il padre, con cui non aveva mai avuto un vero dialogo e infine a salvare se stesso dalla rinuncia all'amore, dopo i mille dubbi che la travolgente Nicole aveva all'inizio provocato in lui ("La mia vita l'ho pianificata tutta. Ma da quando sono con te non so mai come andrà a finire la giornata"). E alla fine tutti vivranno felici e contenti. Cenerentola bianca e principe nero sono una delle formule che stanno convincendo di più il cinema americano per teenager. Da "Save the last dance", incredibile campione d'incassi anche in Italia a "Crazy/ beautiful" (per fortuna flop colossale, anche se in fondo non è poi molto peggio del film con protagonista Julia Stiles) la lezione è una: inversione degli stereotipi razziali in vigore fino a poco tempo fa e orgoglio etnico ai massimi livelli. Pellicole in cui la gente è ancora una volta divisa in base al colore della pelle ma con un punto di vista moraleggiante che vorrebbe essere in qualche modo la riscossa sociale delle minoranze. Il film di John Stockwell, che prima di iniziare a girare ha avuto una lunga esperienza come attore, è un prodotto per liceali con il solito manualetto d'istruzioni da spot governativo anti spreco giovanile. Cioè buoni valori a profusione e buoni sentimenti cui rimanere attaccati per tutta la vita, nonostante il resto del mondo. La solita bella favola che continua, proprio come fanno da sempre le favole, a riempire i cuori più ingenui di speranze. Il politically-correct all'americana dilaga fino al limite della sopportabilità e dell'indigestione. I produttori sono perfino ricorsi alla consulenze di Padre Greg Boyle, un gesuita che dirige programmi di reinserimento sociale a Los Angeles per strappare i giovani latinoamericani dalle gangs, ma i risultati lasciano quantomeno a desiderare. Certo qua e là la messa in scena è piuttosto accattivante, il commento musicale poi è ad hoc, anche se utilizzato per lo più come riempitivo alle carenze dello script, ovverosia secondo lo schema piazza la canzone giusta al momento giusto quando non si sa più cosa dire, solo per lasciar passare altri due minuti su immagini che vorrebbero scorrere sensuali ed avvolgenti. Il problema comunque è di fondo: in questa facile, patetica, stucchevole e scontata storia d'amore il sapore del conflitto razziale è senza sale, un banale e fastidioso pretesto per realizzare il solito, debole, infantile, melenso e imbarazzante prodotto per teen ager che immediatamente si identificano in una storia superficiale e furbaccia, per nulla ravvivata dalla stanca e spenta presenza di una Kirsten Dunst annoiata e perplessa, condannata ai ruoli di depressa e sconfitta dalla vita fin dal suo folgorante esordio in "Intervista con il vampiro" di Neil Jordan. Le è servita davvero poco l'esperienza nel giardino delle vergine suicide di coppoliana memoria (uno dei rari film americani recenti capaci di trasmettere realmente il disagio, l'insofferenza, la delusione e lo spaesamento giovanile) se si riduce ancora a girare filmetti insulsi, inutili e sconsolanti come questo che sono solo puntatatone diluite ed interminabili di serie alla "Dawson Creek". Citando una frase del papà di Nicole su sua figlia, anche per noi umili spettatori, di fronte a questi pseudo film, ci vuole del tempo per accettare quello che sono e quello che non saranno mai.
Voto: 3

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