Regia di Al Albert (Bitto Albertini) vedi scheda film
Eppure l'idea del peplum tardivo, ambientato in piena epoca di barbari ai confini dell'impero, era intrigante. Lo giuro. Nulla di trascendentale, sia ben inteso, ma poco consueto sì. Si parte bene, una bella battaglia, titoli e il primo snodo narrativo spedisce i protagonisti dritti dritti a Roma, la capitale, of course. E ancora benino. Non arriviamo nemmeno a metà film e, per mezzo del personaggio che aiuterà i due buoni della storia nella loro impresa forse disperata, si scade presto nel comico, viepiù nel ridicolo. Perché "scade"? Perché non brilla certo per coerenza l'idea di iniettare scazzottate, polli arrostiti rubati, mazzate varie, rutti, battutacce in romanesco e quant'altro in un film dalle pretese "serie" e tentare di farla franca. Non comprendo gli intenti di regista e sceneggiatore (uno solo, autore anche del soggetto), non comprendo il senso dell'operazione nel suo complesso. A riprova dell'inopportunità della contaminzione comica, abitudine già sdoganata dal tramontante - a inizio anni '70 - spaghetti western, il fatto che le sequenze per così dire storiche, pertanto serie o che pretendono di esserlo, sono quelle meglio funzionanti, oserei dire finanche ben girate. Le scene di massa non risultano ridicole, la tensione tutto sommato regge, l'uso misurato della steadycam dona dinamicità al girato. Tuttavia, la supposta simpatia inficia l'intero lavoro e ne rapisce qualunque velleità artistica degna di nota. Un grosso pasticcio, insomma. Ed è un peccato.
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