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La dea del successo

Regia di Albert Brooks vedi scheda film

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La recensione su La dea del successo

di FilmTv Rivista
8 stelle

Si chiama Sarah. Porta degli abiti scollati, setosi, complicati da drappeggi e sciarpe, e quattro mollette sulla testa a drizzare i capelli biondi e corti. È chiacchierona, a volte sbrigativa, altre volte distratta. E ha gusti molto, molto costosi: le suite più belle degli alberghi migliori, take away nel cuore della notte dai delicatessen più alla moda, autista a disposizione. Quando ci si presenta alla sua porta (soprattutto alle prime visite) bisogna esibire un pacchettino targato Tiffany. Quando entra in confidenza, ti sussurra che in realtà è figlia di Giove e di Mnemosine (la dea della memoria). Di mestiere fa la Musa: la coccoli, la vezzeggi, la porti a spasso, la mantieni tra gli agi e, senza che lei faccia nulla tranne i capricci di una Divina, le idee cominciano ad arrivarti. È Sharon Stone, “La dea del successo” nella quale incappa un famoso sceneggiatore messo brutalmente alla porta di uno studio hollywoodiano da un giovane manager che lo trova “vecchio”. Sharon Stone irresistibile e svagata, esigente e dispettosa, in una commedia tagliata e cucita sulla sua comunicativa e il suo sex appeal. Non una grande commedia e, se vogliamo, neppure imprevedibile; ma una di quelle commedie che nella Hollywood classica (e anche in quella degli anni ’60 e ’70) circolavano a getto continuo, costruite su una sceneggiatura di ferro, battute a pieno ritmo, caratteri puntigliosi e azzeccati. Albert Brooks, regista e sceneggiatore, nei panni del protagonista maschile, grassoccio, di mezza età, pieno di humour autolesionista, e Andie MacDowell, sua moglie, casalinga paciosa con un tocco di genio per i biscotti, si mettono di buon grado in seconda linea dietro alla solare bizzarria della musa, schizzando due ruoli increduli e accomodanti. E in terza linea sta Jeff Bridges, il divo, e in quarta o in “camei” fulminei Martin Scorsese, Rob Reiner, James Cameron (nella parte di loro stessi, che bussano alla porta della musa), e Cybill Shepherd, Lorenzo Lamas, Jennifer Tilly. Come se Hollywood, per una volta, si rilassasse nel nome del divertimento

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 19 del 2000

Autore: Emanuela Martini

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