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Nosferatu, il principe della notte

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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Maurizio_Bauduino

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La recensione su Nosferatu, il principe della notte

di Maurizio_Bauduino
10 stelle

 

 

’Il tempo è un abisso profondo con lunghe infinite notti, i secoli vengono e vanno…’’.

Questa porzione di discorso, pronunciata dall’autentico protagonista della pellicola- Nosferatu- è rivelatrice di una delle ossessioni artistiche di Herzog, il binomio tempo-eternità, e serve a riassumere perfettamente il senso di questa pellicola. L’abisso del tempo non è una dimensione eccezionale, stra-ordinaria, bensì il sottofondo dell’esistenza umana. È una musica primigenia, che viene prima del tempo: è l’eterno. L’inabissarsi del tempo, in questo film, fa un tutt’uno con l’essenzialità visiva: le immagini vengono svuotate, purificate dall’elemento umano, il quale è soverchiato da quello esclusivamente spaziale e naturalistico -espressione visiva dell’eternità - cosicché si generino nello spettatore sensazioni di irrealtà e di sospensione temporale, simili a quelle sperimentabili, ad esempio, con la pittura metafisica di De Chirico e con alcune opere macchiaiole. L’immagine pura, così raggiunta, è fine a se stessa, ha perso ogni tipo di funzionalità, anche narrativa; essa costringe lo spettatore ad un indugio che determina uno sprofondamento temporale: le forme mutano, i contesti cambiano, ‘’i secoli vengono e vanno’’, eppure si avvertono una continuità ed una stasi che vanificano ogni storicizzazione del reale e che producono un vuoto da cui ci si può sentire protetti o terrorizzati. Herzog, dunque, rende lucido e vicino l’orrore - ne mostra solo a tratti le sembianze romantiche, che lo trasfigurano e allontanano - collocandolo nella dimensione generatrice del tempo, che è quella di un silenzio eterno, il quale, essendo strutturato da note visive(che non si lasciano possedere, ma da cui si è posseduti) e prettamente musicali (oculata è la scelta del preludio del ‘’Rheingold’’ di Wagner come parte della colonna sonora), risuona lungo tutto il film.

 Il vuoto-silenzio, che decreta la fine del tempo, raggiunto con l’immagine purificata e il suono, è la condanna di Nosferatu, costretto, per poter esperire eroticamente la realtà, a supplicare Ellen di donargli parte dell’amore che possiede e che indirizza a Jonathan. L’abisso del vampiro, condannato a vivere eternamente, è infatti anche un abisso nichilistico, che annienta il contatto erotico con le cose, il desiderio nei loro confronti, fino a spingere il non-morto a pronunciare l’orrorifica frase che completa quella menzionata all’inizio: ‘’Non avere la capacità di invecchiare è terribile. La morte non è il peggio: ci sono cose molto più orribili della morte. Riesce ad immaginarlo? Durare attraverso i secoli, sperimentando ogni giorno le stesse futili cose.’’ Le cose sono divenute futili perché il tempo e la morte non incombono più su di esse; perché l’immagine non è più bilanciata dalla sua controparte negativa, quella che mette in moto la dialettica tragica dell’esistenza, la pulsazione vitale del mondo.
Senza lo spettro della morte, è impossibile amare il reale.
Il regista tedesco, quindi, svuota il genere horror dall’interno; ne preleva solo la forma, la quale viene messa al servizio di una profondità esistenziale che, anziché inquietare, instilla calma, fungendo da analgesico per l’anima; riprende inoltre il Nosferatu di Murnau per portare alle estreme conseguenze le atmosfere di alcune sue scene e dà infine alla luce un’opera potente, che non può lasciare indifferenti. 

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