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La proprietà non è più un furto

Regia di Elio Petri vedi scheda film

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La recensione su La proprietà non è più un furto

di alan smithee
8 stelle

"Viva il marxismo-mandrakismo!"

La storia del timido impiegato di banca Total, cassiere allergico alla carta da banconote e figlio di un vecchio, integerrimo impiegato di banca che egli tenta invano di emulare, si incrocia con quella di uno dei più facoltosi clienti della sua banca: un macellaio romano greve ed avido, che ogni mattina deposita contante derivante dalle innumerevoli attività, lecite e non lecite, che scaturiscono dalle molte iniziative che l'uomo porta avanti, smanioso di possesso e di ricchezze.

Un uomo che pensa tutto si possa acquistare pagando un prezzo, e che così fa anche nel scegliersi una compagna, la procce e disinibita Anita, che sta con lui solo in quanto remunerata.

Schifato da quell'uomo, ecco che Total diviene ladro per scelta di vita, come una sorta di forma di protesta nei confronti di un individuo spregevole che racchiude nella medesima identità, i segni deleteri di un capitalismo snaturato e l'avidità di chi diventa insaziabile e vive di accumulo senza una vera necessità.

 

 

L'ex-timido impiegato procederà pertanto a derubare la sua vittima poco per volta, privandolo anche della sua donna, a tutti gli effetti relegata ad oggetto come tanti altri, fino al finale risolutorio che ristabilisce quell'ordine naturale che la società ormai condivide e prevede, con la sacralità di un diritto come la proprietà privata ad avere la meglio su tutto, sulla dignità come sul diritto di vivere.

Scritto dallo stesso regista Elio Petri assieme ad Ugo Pirro, La proprietà non è più un furto chiude una sorta di trilogia che il graffiante regista ha inteso dedicare alle "nevrosi": e dunque, dopo Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970 - nevrosi del potere), dopo La classe operaia va in paradiso (1971 - nevrosi del lavoro), con questo film si vuole riflettere sulle grottesche e tragicomiche conseguenze derivanti da una sorta di "nevrosi di ansia da possesso".

La satira è pungente come è d'uopo riconoscerla nei migliori film di Petri, che qui si adopera nella definizione di personaggi esemplari quanto a mostruosità e maniacalità, nel contesto di una società malata ove l'accumulo e l'astuzia finiscono per ridisegnare i contorni di una scala gerarchica ove la proprietà misura ogni grado di raggiungimento del successo e della scalata al potere.

 

 

Memorabili, in questo contesto, le performance di tutti gli attori coinvolti: Flavio Bucci, nel ruolo del mite impiegato allergico ai soldi, fornisce una delle sue interpretazioni più indimenticabili, così come Ugo Tognazzi risulta perfetto nei panni dell'avido e possessivo macellaio, epicentro di corruzione e malaffare, oltre che quintessenza di evasione fiscale e di frode. La scritta "l'uomo è un animale carnivoro" che campeggia nella sua macelleria, è un dogma che fornisce molte spiegazioni in grado di tratteggiare i lineamenti di una mostruosità che diventa un regola di vita, di sopravvivenza, e di naturale sopraffazione dell'avversario.

Lo affiancano una splendida Daria Nicolodi nei panni della bambolona Anita, un fantastico Salvo Randone nei panni del padre del protagonista, ex bancario integerrimo che impara presto a farsi corrompere dalle smanie consumistiche, Mario Scaccia nel ruolo di Albertone, re dei ladri al punto da meritarsi un eccezionale epitaffio pronunciato da un Paco-Gigi Proietti che si prodiga in un cameo indimenticabile, incentrato totalmente sulla "utilità sociale" inconfutabile del ladro nella società moderna: irresistibile. 

 

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