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Tess

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tess

di Baliverna
8 stelle

In un mondo di egoisti e di uccelli rapaci è impossibile trovare il proprio posto per chi non lo è.

*** CONTIENE ANTICIPAZIONI *** Polanski adatta il romanzo di Thomas Hardy - lo scrittore del destino crudele e del "ormai è troppo tardi" - perché consgliatogli dalla moglie Sharon Tate prima di essere uccisa, e a lei dedica infatti il film. Lo definirei sicuramente una pellicola riuscita e accurata, nonostante non trovi una forte corrispondenza emotiva dentro di me. Però è un film che resta impresso, visto che me lo ricordavo benino dopo che me l'avevano fatto vedere ancora a scuola.
La prima metà tocca ripetutamente il tema dell'orgoglio familiare, nel senso di un certo culto che in particolare i casati inglesi nobiliari avevano per la propria schiatta, il proprio nome e la propria storia. Esso è visto nella pellicola come un essere fieri di un qualcosa di vacuo e futile, che per di più si traduce in senso di superiorità (immotivata) e disprezzo degli altri, che ben mette radici in una specie di fame di prestigio e in una vita grama e aspra. All'inizio vediamo Tess in una condizione di spensieratezza, innocenza e serenità, ben rappresentata dal ballo campestre; questa condizione iniziale viene però turbata e poi distrutta dalla catena di eventi innescati proprio da questa smania di contare qualcosa grazie al cognome che si porta. Suo padre, in particolare, è molto suggestionato dalla prospettiva di appartenere ad un nobile casato, si fa cogliere da esaltazione e orgoglio, e commette un errore dopo l'altro. E' tanto attratto dall'idea di appartenere alla nobiltà, quanto è zoticone e ottuso.
La seconda parte, invece, parla delle cattive coincidenze che perseguitano Tess, su tutte quella della lettera infilata sotto il tappeto. La debolezza e l'incapacità della ragazza di parlare subito chiaro col fidanzato, tuttavia, fanno il resto. Ma è altresì molto chiaro il suo essere vittima di un mondo ostile, popolato di profittatori o di persone che ragionano solo col principio "do ut des", in particolare uomini. Essi sono attratti dalla sua bellezza (elemento, questo, ben suffragato dalla Kinski), ma mirano solo a questa, ottenuta con la forza, mentre come persona la usano. Il fidanzato e poi marito, dal canto suo, è vittima di una concezione d'amore sbagliata, e ne fa vittima ancor più anche Tess. Lo shock che gli produce la confessione della moglie è ben più di un'inaspettata brutta novità, ma una carica di dinamite che fa a pezzi il suo amore, finto perché egoista e meschino. Mentre poi ritiene di avere diritto al perdono di Tess per la sbandata che si era preso per una donna sposata, lui non concede a lei il suo per un episodio certo meno colpevole. Il tempo lo farà maturare, ma in modo tardivo.
Il personaggio di Tess, in definitiva, appare al vittima innocente o quasi di un mondo crudele, che ha scaricato su di lei tutti i suoi mali e il suo egoismo. E lei, per tutti, pagherà.
Del libro lessi solo pochi stralci, troppo pochi per capire se Polanski ne rispetti in tutto lo spirito; in ogni caso il regista gira con fluidità, padronanza di stile e senso del racconto. Pare che anche l'uso delle stagioni abbia un senso: la prima parte estiva e solare, si contrappone con la seconda, invernale e plumbea, come il destino della protagonista. Gli attori sono tutti all'altezza, non ultima la stessa giovanissima Nastassja Kinski. Da vedere, meglio sapendo da subito che andrà a finire male.

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