Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Volgare e improprio titolo italiano, rispetto agli originali inglese e spagnolo, "La Joven". Forse il film visto da Mereghetti è un altro: questo non è positivo, né l'isola è luogo utopico; al contrario, il negro che vi si rifugia perché accusato di stupro vi incontra subito violenza gratuita del guardiacaccia Miller; a sua volta ottiene aiuto e finisce per fare amicizia con la ragazza "primitiva", ma dapprima la minaccia e le prende ciò che le serve, cibo e armi, con la forza, anche se poi le paga. Lo fa perché è braccato e pensa di poter sopravvivere solo così; ma intanto fa così. Ognuno ha le sue giustificazioni. Miller è solo e scopre che la ragazza diventa donna e "ne approfitta" (non si può parlare di "violenza"), dopo aver tentato di resistere. Il prete viene per prendersi cura della ragazza, chiamato proprio da Miller (prima che vedesse in lei la donna), capisce cosa c'è stato fra loro e che il negro è innocente (perché conosce la donna che lo accusa); così impone (con un tacito ricatto) a Miller di aiutare il negro e sembra sistemare tutto per benino; a completare il quadro idillico c'è l'amico di Miller assai più razzista e violento di lui. La ragazza "ingenua" si lava si veste e si profuma dopo che Miller ha scoperto in lei la donna: "non capisce", ma sfoggia una certa civetteria animalesca. Il "migliore", sotto ogni aspetto, è il negro, che non spara, non uccide neppure per legittima difesa, non abusa della ragazza quando è solo con lei che esce dalla doccia, paga ciò che prende... ma lui stesso chiarisce che lo fa perché un negro non può permettersi simili trasgressioni: dove sia il positivo in tutto ciò lo sa solo Mereghetti. Salvo un certo paradosso che Buñuel potrebbe benissimo aver ricavato dalle sue rivisitazioni evangeliche: che la vittima di soprusi, negro o bimbo o donna, ha la sua ricompensa in terra, nell'essere più giusto e quindi più sereno; ma mi pare arrischiato...
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