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Festival

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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La recensione su Festival

di LorCio
6 stelle

Chi se la ricorda l’avventura in cui incappò Walter Chiari durante la Mostra di Venezia del 1986? In concorso con Romance, l’attore, rientrato dopo qualche anno di latitanza, fu convinto di aver vinto l’ambita Coppa Volpi quale miglior attore dell’edizione. Peccato che poi la cosa non si concretizzò (un errore da parte di chi?), e il premio finì comunque in mani italiane, in quelle esimie del Carlo Delle Piane di Regalo di Natale. Quasi come una sorta di risarcimento, Pupi Avati, guarda caso regista di quest’ultimo film, costruisce una storia ispirata proprio a quella strana vicenda, affidando la parte ad un malinconico Massimo Boldi – il quale percorso recitativo (non umano) è accostabile a quello di Chiari (Romance sta a Walter come Festival sta a Boldi? Non del tutto).

 

Il comico di tante vacanze di Natale offre una prova misurata e sensibile, a tratti forse troppo patetica, ma che abilmente sfiora le corde più melense a favore di una interpretazione più appassionata. È forse il meglio che uno spento Avati regala in questo film medio e non di certo avvicinabile alla sua vena migliore (quella del Regalo e di Una gita scolastica), ma comunque interessante. Forse eccessivamente accorato nel disegno del personaggio principale, ha d’altro canto una mano svelta ed intelligente nella rappresentazione del sottobosco cinematografico, fatto di giornalisti senza scrupoli e di “artisti” affamati di gloria (e di cibo).

 

Un dramma amarissimo e pensoso sulla condizione d’attore e un affresco anche spudorato del mondo dello spettacolo, Festival tuttavia non fa completamente centro, si infiacca nella seconda parte fino a raggiungere l’apice emotivo di tensione e partecipazione nella scena della (mancata) premiazione. Ecco, proprio questa è una scena terribile nel suo crudo realismo (proviamo ad immedesimarci in qualche attore sicuro della vittoria e fregato all’ultimo) e impressiona la bravura sommessa e smarrita di Boldi, comico popolare a cui il cinema d’autore ha offerto la grande occasione. Senza dimenticare l’apporto del fidato e puntuale Gianni Cavina (tra l’altro, ci sono molti cammei di lusso: dal millenario Gianluigi Rondi a Lello Bersani passando per Spike Lee e Tullio Kezich), se il film è dignitoso è soprattutto grazie a Boldi.

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