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Aurora

Regia di Friedrich W. Murnau vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Aurora

di ed wood
9 stelle

Finalmente l'ho visto. Che dire? Non è da 5 stelle, stranamente, ma almeno da 4 abbondanti. :-) Avevo aspettative grandissime per quest'opera, dopo essere rimasto sconvolto ed estasiato dalla potenza e modernità espressiva dell'Ultima Risata, datato 1924, memorabile dramma espressionista appartenente ancora al periodo tedesco di Murnau, considerato da molti un film estremamente innovativo nello stile: ed effettivamente si tratta di un'opera in cui non c'è una sola sequenza (che dico? una sola inquadratura!) convenzionale o didascalica o retorica...Creatività ai massimi livelli...Con "Aurora", prima fatica hollywoodiana del genio prematuramente scomparso, non si ripete, a mio avviso, un exploit di quel livello. Sia chiaro: il motivo si ritrova semplicemente nel valore ASSOLUTO dell'Ultima Risata, opera al confronto della quale impallidiscono quasi tutti i film. Alle prese con un triangolo amoroso che più trito non si poteva (Marito frustrato, tentato da Femme Fatale, minaccia di sbarazzarsi della Moglie, ma l'Amore trionferà!), Murnau riesce a riscattare un simile esiguo canovaccio a forza di invenzioni registiche sempre esaltanti, mai fini a se stesse, mai gratuitamente virtuosistiche o decorative, bensì sempre volte ad esprimere le sensazioni più profonde (evitando, peraltro, di adagiarsi nell'ingenua trappola del simbolismo, assai frequente nel cinema muto, per abbracciare invece la più nobile Poesia visiva). Qualche passaggio un po' statico, un po' meno incisivo, qualche rallentamento nel flusso di invenzioni, rende questo film un po' meno bello dell'Ultima Risata. Data per scontata la strepitosa abilità di Murnau nell'utilizzo della profondità di campo, del movimento di macchina, della soggettiva, delle riprese in esterni, sovraimpressioni etc... (insomma, le grandi conquiste dell'espressionismo "adulto", ossia svincolato da tematiche fantastiche od orrorifiche), tre sono le annotazioni che mi sento di fare e che, a mio parere, rendono preziosa la pellicola. La prima: la Femme Fatale compare sì e no in 3 scene, si eclissa per gran parte del film, è quasi un fantasma. La regia di Murnau è abile a renderla non tanto un personaggio, quanto un'idea, una pulsione, da una parte minacciosa (perchè mette in crisi un matrimonio), dall'altra però benefica: è come un deus-ex-machina, piombato nella storia col preciso compito di ravvivare una vita sentimentale/sessuale spenta (la coppia ha già un bambino piccolo e, secondo quanto raccontano alcune paesane nel film, pare aver smarrito ogni entusiasmo). D'altra parte, la Moglie, se all'inizio poteva sembrare anch'ella un personaggio idealizzato (e quasi asessuato), nel corso dell'opera si a via via sempre più maliziosa ed audace (proponendo al Marito foto in pose romantiche, nonchè balli scatenati), fino a comparire nel finale coi capelli sciolti, per la prima volta in tutto il film. La Femme Fatale quindi suggerisce questo sottotesto a base di liberazione sessuale e recupero della libido perduta: in un certo senso, la Moglie incarna gradualmente la forte componente erotica e vitalistica offerta dalla Femme Fatale. La seconda annotazione riguarda la collocazione della coppia nello spazio: i due coniugi non sono quasi mai da soli, ma sempre circondati o travolti dalla folla, un turbinio irrequieto e inarrestabile di persone, veicoli, attrazioni. Spesso la coppia viene collocata ai margini dell'inquadratura, in un angolo in basso, così che la vera protagonista del film pare proprio essere la massa, le persone, l'umanità...e la giovane coppia non pare altro che una delle tante che deve fare i conti con la propria crisi, nell'indifferenza generale. Poi, a mano a mano che i due si ricongiungono, recuperano anche un rapporto di integrazione con la folla, prima nella sala da ballo (in cui vengono applauditi), poi in mare (quando vengono soccorsi). Per inciso, nella didascalia iniziale, si legge che questa storia potrebbe essere ambientata in qualsiasi posto e in qualsiasi epoca: da una parte è vero, dall'altra è così palpabile l'atmosfera frenetica ed edonista dei "ruggenti anni 20", poco prima della Grande Depressione! Infine, è pregevole notare come uno spunto da melodramma (o da commedia rosa) finisca per dileguarsi, nella parte centrale del film, in un idillio che pare aver smarrito il senso del Tempo, nonchè dello Spazio: il luna-park pare quasi una proiezione dei desideri della coppia, un luogo della mente e del cuore, più che un posto concreto. E nell'allentarsi della trama, nell'abbandonare il fulcro narrativo in favore di un cinema lirico fatto tutto di pure "impressioni" (a proposito, evidente il richiamo al Renoir del "Bal au Moulin de la Galette" nella sequenza del luna-park), capita che l'attenzione della mdp sia catturata da un maialino ubriaco! In definitiva, un'opera riuscita nell'impresa di rendere Arte una materia narrativa di infima qualità, alterando tempi e luoghi, scalfendo il muro che separa la realtà dall'immaginazione, spiritualizzando corpi e materializzando sentimenti, esplorando tutte le potenzialità di quel fantasmagorico mezzo chiamato cinema.

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