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Nostalghia

Regia di Andrej Tarkovskij vedi scheda film

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La recensione su Nostalghia

di Azrael
8 stelle

Il film più difficile di Tarkovskij, quello in cui è più arduo scandagliare tra dialoghi enigmatici, oscuri lirismi recitati nel giro di qualche sospiro, simboli dal gusto mistico e sacrale. 

Il filo conduttore più immediato è in realtà suggerito direttamente dal titolo, il senso della nostalgia funge da chiave interpretativa principale. Quella dell'artista esule, lontano dalla sua terra, ma anche un discorso più ampio su questo sentimento e l'anima di ogni uomo. Gor?akov, poeta disperso in Italia per scrivere una biografia, è probabile alter ego di Tarkovskij, al tempo anch'esso esule in Italia.

Tarkovskij parla ad ogni uomo ma allo stesso tempo parte da se stesso e dal proprio vissuto. Si tratta di una ricerca rigorosamente interiore, rivolta verso l'interno. Nella sua ricerca sul trascendente nel cinema, Paul Schrader pone Tarkovskij in una categoria a parte, proprio in virtù di questo carattere personale e intimo. Se il senso del trascendente viene spesso ricercato verso l'esterno e l'universale, Tarkovskij compie il percorso opposto, ritrovando l'universale nell'interiorità del singolo.

 

Nostalghia è quindi un viaggio nell'anima, nella psiche e nella memoria.

 

Ed ecco che nel ritrarre concetti così astratti, tutto viene inevitabilmente immerso nella foschia. La nebbia, presente dalla prima inquadratura, è quella che avvolge anche lo spettatore. Lo spettro cromatico si mantiene in larga parte su tonalità fredde e cupe, sulle quali spiccano i forti contrasti tra luce e buio, riprendendo il motivo centrale nell'intepretazione del film: quello della candela e della sua luce fievole che si staglia nell'oscurità, allegoria del fuoco vitale che brucia e si consuma. 

Un simbolo, quindi, come molti altri che caratterizzano questa dimensione. Il fondo di un lago diviene anche fondo della coscienza. Mucchi disordinati di oggetti vecchi, consumati e distrutti, come una bottiglia di vino o una bicicletta. Idoli decaduti che richiamano il vivere quotidiano e lo scorrere del tempo, si consumano insiema alla vita, come la fiamma di una candela. 

Una cattedrale abbandonata, delle rovine. Edifici imponenti e decaduti, che rimandano ad un'antica dimensione romantica e spettrale, in modo simile ai dipinti simbolisti di Arnold Böcklin.

Si tratta di una realtà dall'altra parte dei sensi e della ragione, un'esplorazione dello spirito, ritratto tramite simboli. Ruderi di epoche remote e ricordi consumati dominano la scena. 

La pioggia filtra inspiegabilmente negli interni chiusi, gli animali si aggirano per le stanze vuote, testimoni silenziosi (forse simbolo degli istinti primordiali che governano la psiche). Realtà, visione e memoria si amalgamano in un'unica materia, un luogo che non è più temporale ma spirituale. Si potrebbe utilizzare il termine documentario dell'anima. 

Il movimento di macchina è lento e circospettivo, segue il vagheggiare dei personaggi in questi paesaggi dal gusto decadente, allegoria di un mondo che è "altro" e interiore. 

 

Le scene in bianco e nero (in particolare la scena delle tre figure femminili, che appare in tre momenti distinti del film: inizio, centro e conclusione), rappresentano quella parte più sensibilmente onirica, che si fonde con gli anfratti più profondi e retrospettivi della memoria. Una donna, un'anziana signora e una bambina. Cosa rappresentano? Probabilmente più significati, da ricercare anche nel vissuto personale di Tarkovskij, che volutamente si confondono tra loro e sovrappongono le proprie identità. Si tratta di una singola persona, oppure tre possibili persone che si fondono in una: la madre o la moglie, la nonna che rimanda all'infanzia e al focolare domestico, la bambina, la figlia che Tarkovskij non ha mai avuto. Il padre rimane assente.

Oppure potrebbero rappresentare la madre nelle diverse fasi della sua vita, seguendo l'esempio dello Specchio. Passato, presente e futuro, tre direzioni nel tempo, come suggeriscono gli sguardi delle tre figure, rivolti in direzioni opposte. Sullo sfondo, la casa, la patria lontana e un possibile richiamo alla giovinezza, elementi legati al senso di nostalgia che dal quale il titolo del film.

 

Gor?akov è un protagonista alienato in se stesso, in bilico tra la ricerca e un senso del ritorno, preso da una profonda inquietudine interiore. Una condizione non dissimile da quella degli altri (pochi) personaggi, tutti nel tentativo di ricucire la propria separazione con gli altri e con il mondo. Presente è anche il tema dell'incomunicabilità, a partire dalla figura della traduttrice che accompagna il protagonista (il mettere in relazione lontananze, l'esterno con l'interno, la lingua è un'ulteriore barriera che deve essere colmata). 

La separazione che allontana dalla propria terra è quindi anche separazione da se stessi e dal mondo. Non a caso anche Eugenia, come Gor?akov, è in viaggio.

Domenico, invece, si radica in casa per anni, quindi riflette lo stesso conflitto sulla scia della paura, che infine esplode e brucia fino in fondo. 

Forse sono tutte sfumature dell'esperienza di Tarkovskij stesso da esule in Europa. 

 

Tarkovskij vuole dire che per ogni uomo è importante conoscere se stesso, esplorare dentro le proprie inquietudini e la propria solitudine. Il desiderio di specchiarsi negli altri può essere sintomo di paura, che può sfociare nella follia. ogni uomo deve riconoscere se stesso nel processo di crescita, tenere in equilibrio la propria vita come una fiamma di candela, accudire quella fiamma finchè non si consuma. Si tratta della propria responsabilità individuale. Il voto della candela è anche un ritrovare se stessi, l'uomo folle non ci riesce si consuma fino in fondo, bruciandosi. Non ha ritrovato se stesso, non ha avuto il coraggio di camminare nel lago e tenere in vita la fiamma. 

 

Eppure Domenico è anche l'unica persona con la quale Gor?akov riesce ad empatizzare davvero (fondamentale la scena dove i due si specchiano), come per sottolineare quanto sia sottile la linea che separa i due, e quindi la responsabilità dalla follia. Il finale del film è doppio e parallelo, ognuno dei due si merge entro l'altro. Sul finale anche gli spazi si mergono, ed ecco che le rovine della cattedrale divengono la casa dell'infanzia di Gor?akov. I legami e le connessioni tra cose e persone, o i confini tra le stesse. Tutto è legato e tutto è diviso, tutti si consuma e rinasce. l ritrarre la vita umana dall'inizio alla fine (come Tarkovskij definisce la scena della candela nel lago), funge come un rito, un compimento, un cerchio che si chiude. Un microcosmo del tempo intero di una vita. 

Gor?akov compie quindi una di parabola spirituale e onirica. Una parabola che è anche una redenzione, divenendo una sorta di figura cristologica (tema non certo estraneo tradizione russa, a partire dai grandi romanzieri ottocenteschi) che vive la sua personale passione. In questo si trova in una dimensione intermedia tra l'umano e il divino (come anche il personaggio di Eugenia, o in generale l'archetipo della madre, con la Madonna). 

 

Infine, Lukács nella sua Teoria del Romanzo parlava della filosofia come una ricerca, fondata sul sentimento e sulla necessità del "sentirsi dovunque a casa propria", definizione che reputo adatta a definire il senso di nostalgia da cui il titolo. Il dramma di Gor?akov mette in luce infatti un distacco, uno strappo tra l'esterno (il mondo) e l'interno (l'uomo nella sua individualità), proprio questo conflitto, questi moti dell'interiorità sono oggetto principale dell'attenzione di Tarkovskij. Riprendendo sempre quello che dice Lukács, ogni uomo ha in se stesso un'inespressa potenza trascendente che è condannata al silenzio e che può divenire follia se non ammaestrata con rigore, dare sfogo ad essa significa bruciare la propria fiamma vitale fino in fondo.

Intorno al concetto di questa "fiamma vitale" si sviluppa il fulcro simbolico del film, quello della candela. 

 

Tarkovskij rinuncia all'accessibilità o a  qualsiasi compromesso narrativo di stampo tradizionale, per darsi e per dare tutta la sua forza espressiva ad un'arte sincera perché vissuta fino all'ultima goccia. Il fine del suo cinema, il compito che si pone è quello di ritrovare quel senso spirituale e primitivo nell'uomo, ormai sempre più lontano, tramite la costruzione di veri e propri luoghi trascendentali, dove ogni cosa è un riflesso interiore, uno specchio dell'anima. 

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