Regia di Fabio Bobbio vedi scheda film
Matteo e Samuele, in quell'età che non è ancora del tutto adolescenza e che non è nemmeno infanzia, si muovono fra le terra d'estate del basso Piemonte, zone lacustri, laghi artificiali, fiumi, boschi. Così passano le giornate, ancora lontani dal rumore minaccioso della vita, rappresentato dalle statali fuori fuoco, dal centro commerciale e da un Luna Park di paese. E' tutto qui il bellissimo film di Bobbio, è tutto un silenzioso pedinare la spontaneità dei due ragazzini che paiono girare a vuoto per le campagne, ma che hanno in nuce tutta la bellezza di un'età unica e fondamentale. Ed è proprio la loro freschezza, la loro genuinità che dà vigore ai classici passaggi esistenziali di quel periodo, con i primi amori raccontati, il sesso (quasi) immaginato con una prostituta di "campagna", in una delle scene più belle del film, e la malinconia che già si sente, forte, sia nella natura ancora rigogliosa e viva e sia nei loro silenzi così carichi di significati e di domande. Non ci dice, il regista, delle loro famiglie, degli adulti non ci racconta, ma ci lascia in compagnia dei due ragazzini seminando qui e là metafore di vita passata e futura. Un'opera che come tutte le opere aliene al tipico Cinema italiano, merita tantissimo, un film che ha un suo respiro, un suo corpo, una sua libertà. Un urlo appassionato a credere ancora in una generazione non del tutto distrutta dalla tecnologia e dalla barbarie. Cinema resistente, in senso lato (e alto).
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