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Un borghese piccolo piccolo

Regia di Mario Monicelli vedi scheda film

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La recensione su Un borghese piccolo piccolo

di ProfessorAbronsius
9 stelle

De profundis della commedia all'italiana. Voto: un 9 piccolo piccolo

  

Vecchia piccola borghesia,

per piccina che tu sia

non so dire se fai più rabbia,

pena, schifo o malinconia.

(Claudio Lolli)

 

Un piccolo funzionario ministeriale, buon padre di famiglia, marito devoto, cittadino rispettabile, vive la sua piccola vita insieme a moglie e figlio. Il piccolo funzionario ministeriale coltiva un piccolo sogno: vedere il figlio ragioniere finalmente impiegato al Ministero e infine godersi la pensione in una piccola casa di campagna, senza più ambizioni né pretese. 

«Per noi gli altri non esistono. […] Tutto quello che vogliamo è morire in pace, con la coscienza a posto».

Il piccolo funzionario ha ben chiara la sua piccola visione del mondo, o forse no... fa pur sempre parte di una classe sociale sociologicamente indeterminata, ma universalmente parassitaria, impotente e comunque padrona dei destini altrui (Mereghetti dicet). Anzi, ne incarna le più abiette tare mentali e culturali.

Ha fatto la Resistenza, ma non lo ricorda volentieri. Crede che avere «molti nemici» significhi avere «molto onore», come diceva perentoriamente quel piccolo signore che però «aveva due palle così!». Crede che ogni mezzo, anche il più illecito e meschino, possa giustificare il suo scopo principale: passare lo scettro di una scrivania ministeriale al figlio e finalmente godersi la pensione.

È bigotto, servile, adulatore, cialtrone, ipocrita, egoista, filofascista, massone. È un piccolo-borghese. Un borghese piccolo piccolo.

Il piccolo padre di famiglia è cinico e immorale, ma in fin dei conti simpatico. È un commediante, un bugiardo, un affabulatore, ma d'altronde “tiene famiglia”. Farebbe di tutto per la famiglia, per quel semplicione di suo figlio, per regalargli un posto al sole. Anzi, al Ministero. Scrive il curriculum vitae al posto suo, studia al posto suo, pensa al posto suo. Quasi quasi farebbe il concorso al posto suo, ma alla fine si limita ad accompagnalo a dare l'esame e basta. Tanto tutto dovrebbe andare nel verso giusto, il figlio è raccomandato. Tutto dovrebbe andare bene e finire bene, come in una commedia, magari all'italiana. Tanto questa è l'Italia, il Belpaese, un paese di musichette... un paese di musichette, mentre fuori c'è la morte (cit. Boris).

 

E fuori c'è davvero la morte.

Qui finisce la commedia. Quella commedia che è come un salto allegro e spensierato sui trampoli della vita. Non si ride più.

Qui comincia la tragedia, che è come un salto nel vuoto... e nel buio. Nel buio della ragione.

 

Prima tragedia: una educazione comune, obbligatoria e sbagliata che ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere tutto a tutti i costi. In questa arena siamo spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e qualcuno ha le spranghe. Allora una prima divisione, classica, è «stare con i deboli». Ma io dico che, in un certo senso tutti sono i deboli, perché tutti sono vittime. E tutti sono i colpevoli, perché tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur di avere. L’educazione ricevuta è stata: avere, possedere, distruggere.

[…] io scendo all’inferno e so cose che non disturbano la pace di altri. Ma state attenti. L’inferno sta salendo da voi. È vero che viene con maschere e con bandiere diverse. E’ vero che sogna la sua uniforme e la sua giustificazione (qualche volta). Ma è anche vero che la sua voglia, il suo bisogno di dare la sprangata, di aggredire, di uccidere, è forte ed è generale. Non resterà per tanto tempo l’esperienza privata e rischiosa di chi ha, come dire, toccato «la vita violenta». Non vi illudete. E voi siete, con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di questo ordine orrendo basato sull’idea di possedere e sull’idea di distruggere. (Pier Paolo Pasolini)

 

È la tragedia. Il figlio del piccolo funzionario muore durante una sparatoria a seguito di una rapina. D'altra parte, siamo pur sempre nel paese in cui accade che, all'ora dell'aperitivo, ma anche a colazione, ci siano spargimenti di sangue. Paese di Piombo.

La famiglia del piccolo funzionario è distrutta e non avrà mai più pace. Forse nemmeno la salma del figlio, stipata in un magazzino come tante altre in lista d'attesa per una degna sepoltura (all'italiana).

Trovato il colpevole, la voglia di sprangare cresce a dismisura sino a erompere dalle mani del piccolo funzionario che “era tanto una brava persona”. Arriva la spranga (o il cric... non fa molta differenza). Adesso è un picchiatore, un torturatore, un giustiziere fai-da-te. Un piccolo assassino.

Nessuna commedia, nessuna indulgenza, nessuna pietà. Dilaga il tragico. Affiora il sentimento di una grande catastrofe civile emblematizzata nella storia di un piccolo uomo, un borghese piccolo piccolo.

 

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