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Without Name

Regia di Lorcan Finnegan vedi scheda film

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La recensione su Without Name

di maurizio73
6 stelle

Nell'acuirsi di una consapevolezza del legame ancestrale e preumano che il protagonista sente di avere con l'ambiente che lo circonda, l'ipnotico richiamo di una filiazione biologica che reclama l'abdicazione di qualunque sovrastruttura razionale a favore di un abbandono incondizionato ai suoi subdoli allettamenti linfatici.

Perito incaricato di effettuare misurazioni di un'area boschiva destinata allo sfruttamento geologico, Eric si isola in un cottage di campagna con l'assistente ed amante Olivia, lontano dalla famiglia rimasta in città. La scoperta di un oscuro manoscritto di botanica lasciato dal precedente inquilino ed i misteriosi influssi della natura circostante, lo faranno scivolare verso una condizione di sempre maggiore isolamento ed alienazione.

 

locandina

Without Name (2016): locandina

 

Esordio nel lungo dopo il promettente ed anticipatore corto Foxes, il thriller esoterico di Lorcan Finnegan è lo strano oggetto di un interesse cinematografico che scandaglia gli abissi di solitudine ed incolmabile separazione che irrompono nella vita apparentemente ordinaria di individui (una coppia è presente in tutti e tre i film del regista) alle prese con una svolta esistenziale che mostra sin dall'esordio la sua inevitabile tendenza all'incomunicabilità ed all'incomprensione, ma anche e soprattutto la natura duale di una identità sempre più scissa tra la percezione sensibile (razionale e mediata) del mondo esteriore ed il suo ripiegamento nell'oscuro baratro di un universo interiore da cui si fa presto a smarrire la via del ritorno. La presunta natura ecologista del racconto (in realtà la trama è volutamente ridotta ai minimi termini) è solo il pretesto per introdurre un rapporto conflittuale con un mondo naturale in cui la disarmonia e la perdita di equilibrio comportano non tanto la nemesi di una rivolta degli elementi contro gli abietti invasori dotati di moderne livelle ottiche, quanto l'acuirsi di una consapevolezza del legame ancestrale e preumano che il protagonista sente di avere con l'ambiente che lo circonda: l'ipnotico richiamo di una filiazione biologica che reclama l'abdicazione di qualunque sovrastruttura razionale a favore di un abbandono incondizionato ai suoi subdoli allettamenti linfatici. Costruito come un percorso di riscoperta (e contestuale perdita) del sé in comunione con la natura (dasein), la discesa agli inferi del geometra in crisi matrimoniale ed extraconiugale (qualcosa si era già rotto con la moglie e con l'amante, ma in generale con la sua routine di uomo annoiato e stanco) è colto nel solco di un processo usuale che vede irrompere, nello scorrere ordinario della quotidianità, di un evento casuale e straordinario; la natura sibillina e magica di boschi abitati da fate e folletti della tradizione celtica (fairy bush) costantemente minacciati dall'antropizzazione selvaggia è il retroterra realistico per una una storia fantastica testimone di una insensibile e straniante transizione dalla misurabilità oggettiva della realtà, ai suoi estemporanei ed inspiegabili fallimenti (il filo a piombo in moto circolare, curiosi abbagliamenti rifrattivi) fino all'irretimento di una esoterica e pseudoscientifica teoria fitologica di consapevolezza vegetale ed intrugli allucinogeni. La prevalenza dei rumori d'ambiente (il vento, la pioggia, le foglie) e della ritmica ossessiva della colonna sonora prevalgono nettamente sugli scarni dialoghi (significativo quello con il camperista-druido), esasperando e legittimando a livello percettivo il richiamo interiore di una presenza misterica che fa capolino tra gli alberi (il 'Senza Nome' del titolo), in un processo in cui la separazione tra esterno ed interno si fa via via più netto e irrevocabile, sancendo il ripiegamento su se stesso del protagonista in una catatonia parkinsoniana che solo alla fine scopriremo avere la propria ragion d'essere nel crudele turnover di un magico risveglio da un inesplicabile sonno post-encefalitico.
Premiere al Toronto International Film Festival e meritata premiazione al Brooklyn Horror Film Festival 2016.

 

Non c’è altro suono, fuori del fruscio
del vento lieve e dei fiocchi che cadono.
Profondi e scuri sono i boschi e belli,
ma ho promesse da mantenere
e miglia da percorrere, prima di dormire,
e miglia da percorrere, prima di dormire.

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