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L'amore molesto

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su L'amore molesto

di Antisistema
8 stelle

Misteriose telefonate della madre a sua figlia Delia (Anna Bonaiuto), un padre assente da tempo, un ritorno a Napoli da parte di Delia per la morte di Amalia per apparente suicidio, figure misteriose che ritirnano e dei ricordi d'infanzia sopiti che a poco a poco riaffiorano, minacciando di cambiare certezze che si credevano incrollabili.

L'Amore Molesto di Mario Martone (1995), tratto dell'omonimo libro della misteriosa autrice Elena Ferrante, è un dramma con venature thriller con inserti psicanalitici, seguendo la scia di opere come Io ti Salverò di Alfred Hitchcock (1945), dove dei ricordi rimossi erano fondamentali per risolvere e sbrogliare l'intricata e misteriosa vicenda, consegnando non solo un risvolto soprendente della vicenda, ma anche una società napoletana coservatrice, violenta e fortemente maschilista.

Martone regista Napoletano, conosce bene la città ed infatti la pellicola più che puntare sulla narrazione decide di vivere di primi piani, volti, dettagli, atmosfera e di odori e suoni catturati tramite una macchina da presa invisibile.

 

 

Delia si aggira per le caotiche strade della città di Napoli, ricolme di storia e pregne di antichi ricordi, i quali tramite un collegamento visivo, sembrano riaffiorare a poco a poco nella memoria della donna.

Se il presente è un esplosione visiva vivida di colori, quasi da melodramma Sirkiano quando Delia indossa il tubino rosso comprato dalla madre, liberandosi poco a poco dalle inibizioni non solo vestiarie, ma anche psichiche, arrivando a scoprire avvenimenti e situazioni a lungo sepolte ed ottenebrate nella memoria, il passato invece ha una scelta cromatica virata sul color seppia che soffoca ed affoga le sfumature del mondo, trovando un collegamento con la miopia di Delia costretta ad indossare gli occhiali per evitare peggioramenti alla vista.

Sarà quindi necessario squarciare questo velo di Maia posto innanzi agli occhi per giungere alla verità di un caso che arriva solo nei minuti finali ed in modo visivamente originale per quanto forse troppo ricercato e metaforico, visto che il film non s'era fatto scrupoli in precedenza nel mostrare esplicitamente certe situazioni.

Avvalendosi della grande prova di Anna Bonaiuto e di molti caratteristi presenti sulla scena teatrale di Napoli, i quali danno anche una concretezza linguistica derivante dal dialetto, la pellicola venne presentata a Cannes senza vincere nulla, ma ad oggi lo si può considerare tra i migliori film italiani degli ultimi 40 anni.

 

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