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L'innocenza del diavolo

Regia di Joseph Ruben vedi scheda film

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La recensione su L'innocenza del diavolo

di FilmTv Rivista
4 stelle

Joseph Ruben, il regista, e Ian McEwan, lo scrittore sceneggiatore, sono due cultori della malvagità e degli aspetti morbosi della psicologia umana. Nei loro focolari domestici bruciano perversioni inattese e violenze improvvise. Nell'innocenza del diavolo la menzogna e la crudeltà dominano lo scontro di due cuginetti, Henry e Mark, in una bella casa stile New England nel Maine, lo stato di tutte le nefandezze. Henry ha l'aspetto buono e mite del figlio modello, incarnato dal vezzoso Macaulay Culkin, lo Shirley Temple degli anni novanta, Mark, Elija Wood (Amore per sempre), ospite degli zii per due settimane, vive i turbamenti provocati dalla morte prematura della madre. I due piccoli divi corrono a perdifiato, si arrampicano sugli alberi, fumano le prime sigarette, sfuggono a un cane feroce, mentre la macchina da presa li inquadra dall'alto, li schiaccia con un grandangolo, li spia con angolature sbilenche, scrive il loro futuro: la vacanza precipiterà nell'incubo con una progressione lenta e inesorabile. Il regista - sono i suoi thriller familiari A letto con il nemico e The Stepfather Il patrigno - dissemina gli indizi e gli attrezzi di scena (un manichino chiamato Mr. Cavalcavia, una rudimentale e micidiale balestra, un anatroccolo di plastica, il pozzo di un cimitero, la stanza di un fratellino affogato nell'acqua per il bagnetto, un paio di forbici, un frigorifero pieno di cibo, un lago ghiacciato) prima di farne strumenti indispensabili di efferati giochi proibiti. Intelligente, freddo, bugiardo, corroso da una gelosia patologica, Henry si rivela uno spietato assassino, deciso a uccidere la sorella minore, Connie, e addirittura la madre. Chiusi la fase preliminare e il primo atto, il film regala le due sequenze migliori, entrambe notturne. Nella prima, i bambini, rimasti soli in casa, giocano a nascondino nel buio, nella seconda Mark, invasato, getta nel lavello della cucina tutte le vivande perchè teme che siano avvelenate. La regia è svelta, precisa, qua e là sofisticata, evita gli effettacci, scarta le implicazioni psicanalitiche, si diverte a esorcizzare la perfidia delle star che saranno maggiorenni nel Duemila.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 17 del 1994

Autore: Enrico Magrelli

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