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Aleksandr Nevskij

Regia di Sergej M. Ejzenstejn vedi scheda film

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La recensione su Aleksandr Nevskij

di sasso67
8 stelle

L'"Alexander Nevskij" è un poema scritto per lo schermo cinematografico ed è il primo film sonoro del grande regista sovietico. La cosa curiosa è che si tratta di una sorta di film - opera, nel senso che le musiche di Prokofiev sono altrettanto importanti che le immagini (fotografate, ancora una volta in maniera eccezionale da Eduard Tisse), anche se si vede abbastanza chiaramente che le immagini girate da Ejzenstejn sembrano uscite da un film muto: in particolare le scene della battaglia sul lago Peipus, proprio per dare al combattimento una maggiore concitazione, si muovono a velocità pressoché doppia rispetto al normale. Con questo film Ejzenstejn esce, almeno apparentemente, dal periodo buio che aveva dovuto attraversare dopo l'uscita del "Vecchio e il nuovo" (1929), con la disastrosa esperienza americana ( e lo scempio del progetto di "Que viva Mexico!") e lo stop alle riprese del "Prato di Bezin" (1937). Qui il regista filma un poema patriottico, dove il protagonista è un po' leader rivoluzionario come Lenin e un po' capo politico-militare come Stalin (che, sembra, ebbe a dire ad Ejzenstejn, dopo aver visto questo film, "in fondo, lei è un buon bolscevico"), suggellando in tal modo la propria autocritica sul piano politico, culturale e perfino tecnico.
Chissà se Hitler aveva visto questo film prima di lanciare l'operazione Barbarossa per l'invasione dell'Unione Sovietica: se l'avesse visto, avrebbe dovuto pensarci cento volte prima di attaccare il territorio russo. Ed in effetti l'"Alexander Nevskij" sembra un ammonimento a chiunque si appresti ad invadere la Russia: se perfino quella terribile macchina da guerra che era l'esercito dell'Ordine Teutonico (con tecniche belliche che sembravano richiamarsi alla falange macedone) fu respinta, significa che il sacro suolo russo, difeso da personalità superiori, ieri il principe Aleksandr e oggi Stalin, è inviolabile. Ed infatti i soldati tedeschi, inscatolati dentro armature pesantissime coperte da mantelli bianchi con una croce sopra, chiusi dentro elmi cilindrici che non si tolgono mai, finiscono inghiottiti dai ghiacci del lago Peipus, così come i soldati del faraone egiziano perirono nel richiudersi delle acque del Mar Rosso dietro a Mosè.
Assodata la grandiosità della penultima opera cinematografica di Ejzenstejn, va anche detto che questo non è il suo miglior film. Avviluppando il nucleo della vicenda dentro una mediocre storia d'amore di due comandanti dell'esercito russo per la bella eroina Olga, il regista mostra chiaramente di avere accettato le colonne portanti della retorica ufficiale, tanto che a buon diritto si può oggi affermare, confortati anche dalle parole dello stesso regista, che amava poco l'"Alexander Nevskij", che questo film è soprattutto un riuscito saggio delle capacità registiche (ma anche camaleontiche) del grande Sergej Michailovic Ejzenstejn.

Sulla trama

Alla metà del XIII secolo, le ultime città russe rimaste rimaste libere sono pressate da est dai Mongoli e da ovest dall'espansionismo dei cavalieri tedeschi dell'Ordine Teutonico. Caduta Pskov, i cittadini di Novgorod si rivolgono al principe Aleksandr Nevskij, che già aveva sconfitto gli Svedesi. Anziché limitarsi a difendere il proprio territorio, il principe, messo insieme un esercito di popolani e contadini, attaccherà i temibilissimi nemici prima che calpestino il sacro suolo russo. In un'epica battaglia sul lago Peipus ghiacciato, le truppe del Nevskij avranno la meglio sull'esercito meglio organizzato dell'epoca.

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