1 stagioni - 3 episodi vedi scheda serie
Dalla creazione di Milano 2, negli anni Settanta, alla nascita del gruppo televisivo Fininvest, nel decennio successivo, fino all'entrata in politica con la formazione di Forza Italia nel 1994: un racconto appassionato, al limite dell'agiografico, di Silvio Berlusconi nel periodo della sua massima ascesa pubblica.
Tre episodi della durata di cinquanta minuti circa ciascuno, realizzati per la televisione tedesca ZDF e per Netflix: Il giovane Berlusconi si presenta nella maniera migliore, eppure finisce per deludere da pressoché qualsiasi punto di vista. I motivi di interesse nei confronti dell'opera risiedono naturalmente nella sua indipendenza dal circuito televisivo e, più ancora, dal pubblico italiano, ma soprattutto in quel titolo che promette di raccontare finalmente e una volta per tutte cosa è successo a Silvio Berlusconi prima di diventare Silvio Berlusconi. Anche la locandina del lavoro prosegue tale suggestione immortalando un Silvio d'antan in un raro scatto balneare; eppure Il giovane Berlusconi non parla affatto del giovane Berlusconi, bensì di quello fin troppo noto che ha messo in piedi Milano 2, le reti televisive del gruppo Fininvest e il partito politico denominato Forza Italia. Un Silvio tra i quaranta e i sessant'anni, sostanzialmente, che di giovane non ha davvero nulla; e per di più il documentario firmato da Simone Manetti non fa nulla per prendere le distanze dagli eccessi e dai crimini commessi dal protagonista. Gli elementi più critici tra i numerosi intervistati sono il giornalista Pino Corrias e l'ex leader della sinistra Achille Occhetto, che comunque non calcano mai più di tanto la mano nelle loro osservazioni; nel contempo però a tessere smodati elogi del Cavaliere sono chiamati, tra i tanti, Marcello Dell'Utri, Fedele Confalonieri, Adriano Galliani, Iva Zanicchi, Gigi Moncalvo e Stefania Craxi. Giovanni Minoli si limita a rievocare il simpatico siparietto politico avuto sul piccolo schermo in occasione della 'discesa in campo' di Berlusconi, mentre Carlo Freccero riconosce ammirato le magistrali capacità di Silvio nel fare tv, nel proporre una nuova idea vincente di televisione. Pur non tacendo del tutto i lati oscuri di questa storia (vengono ad esempio ricordati gli stretti rapporti tra Berlusconi e il criminale latitante Bettino Craxi), il documentario rimane sempre piuttosto sul vago di fronte a essi, preferendo dilungarsi sui meriti, sui trionfi e sulla spettacolarità delle imprese del protagonista. E la mafia? No, quella non compare mai: missione compiuta per il primo tassello della beatificazione mediatica di Silvio. 3/10.
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