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Sul finire degli anni sessanta gli studios iniziarono a capire le tattiche da adottare per il rilancio della loro industria cinematografica. Alcuni film come Il laureato (The Graduate,di Mike Nichols, 1967) e Gangster story (Bonnie e Clyde di Arthur Penn, 1967) avevano mostrato che l’interesse del pubblico (composto soprattutto da ragazzi appartenenti ad una fascia di età fra i sedici e i ventiquattro anni) si era spostato verso  altre tematiche, rispetto a quelle che Hollywood aveva sempre trattato. Una nuova generazione stava crescendo, con i propri gusti, i propri miti e le proprie idee. 

Scrive Geoff King  – “Il numero degli spettatori diminuiva vistosamente e Hollywood era ansiosa di fermare questa emorragia. Molti film erano ancora rivolti a un vasto pubblico, potenzialmente quello ideale della “famiglia”. Ma alcuni cominciavano a guardare al crescente pubblico di “giovani”, oppure a rivolgersi a un mercato di “adulti” con contenuti più provocatori o espliciti. I film della Nuova Hollywood saranno rivolti in un certo senso a una combinazione dei due gruppi: un pubblico relativamente giovane che si pensava fosse sensibile ad un ritratto più duro e indagatore della cultura e della società americana. A confronto con gli spettatori tipici dell’era degli studios, quelli dei nuovi film di Hollywood si caratterizzavano per la giovane età, la maggiore istruzione e in alcuni casi per una visione più radicale. In altre parole, se alcuni film degli anni Sessanta e Settanta trattarono principalmente tematiche della controcultura giovanile, questo non fu semplicemente un riflesso del contesto sociale. Fu una scelta strategica di ricerca di pubblico.”

 

 

     

 

Ad Hollywood, quindi, si accorsero che film a basso costo che trattavano temi come la droga, la ribellione, la violenza o il sesso potevano diventare una nuova forma di guadagno. Anche perché l’altro modo di contrastare il calo del pubblico era stato quello di affidarsi un’ennesima volta a grandi produzioni sulla scia del successo che nel 1965 ottenne Tutti insieme appassionatamente (The Sound of Music, 1965), una strategia che si rivelò, però, pericolosa quanto infruttuosa, proprio perché diede ai produttori (soprattutto a quelli della Twentieth Century Fox) l’illusione che grandi e dispendiose produzioni, come in passato, potessero essere ancora sinonimo di ingenti incassi. I film successivi prodotti dagli studios in questo modo furono, per citare alcuni titoli, Il favoloso dottor Dolittle (Doctor Dolittle, 1967), Un giorno... di prima mattina (Star!, 1968) e Hello, Dolly! (1969). Nessuno di essi incassò più di una frazione del loro costo sul circuito nazionale, quindi furono un insuccesso totale. Scrive ancora Geoff King - “La Fox rischiò la bancarotta. Troppo denaro preso a prestito veniva sperperato. Si facevano troppi film. Tre nuove società erano entrate nell’industria cinematografica: due di queste erano le reti televisive Cbs e Abc. L’aumento della concorrenza spinse in alto i budget di produzione. A tirare l’espansione fu in  parte una nuova fonte di profitto costituita dalla vendita dei film blockbuster alla televisione. Tuttavia la cuccagna della televisione si interruppe temporaneamente nel 1968. Le reti avevano saturato le loro richieste per i tre anni successivi e inoltre preferivano investire in produzioni autonome.”

 

 

 

     

Vediamo ora come si arrivò a quel piccolo gioiello cinematografico della controcultura americana che divenne anche il prototipo di una nuova forma di produzione. Come abbiamo già visto le grandi major erano in crisi e avevano subito dei processi di smantellamento e vendita di cui avevano approfittato magnati stranieri o persone che di cinema se ne intendevano ben poco. Un’eccezione fu quanto successe alla Columbia Pictures. Un uomo, Bert Schneider, figlio di uno dei dirigenti dello studio, si ritrovò a fondare con l’amico Bob Rafelson una piccola casa di produzione, la BBS. Bert Schneider fu il prototipo del nuovo produttore. Al passo con i tempi, inserito negli ambienti più importanti, con discreti capitali a suo favore, fu uno tra i primi a concedere fiducia ai registi, anteponendo i loro progetti alle logiche di mercato. Schneider fu il produttore giusto al momento giusto. 

Un altro elemento di rottura con il passato e che aprì le porte per i film della controcultura americana fu l’abbandono da parte degli studios del Codice Hays. La funzione di questo codice era stata quella di una autoregolamentazione interna degli studios per quanto riguardava i possibili problemi con la censura. Dagli anni cinquanta in poi, però, questo sistema di autoregolamentazione fu sottoposto ad una crescente pressione. Come abbiamo visto il numero degli spettatori diminuiva in maniera vistosa e Hollywood era ansiosa di invertire questa tendenza. I nuovi argomenti che, negli anni sessanta, interessarono il pubblico giovanile (la ribellione, il sesso, la droga) non si sarebbero mai potuti mostrare con le restrizioni del codice. Per motivi puramente economici quindi si fece in modo che nel 1968 il codice Hays fosse definitivamente abbandonato a favore di una regolamentazione che riguardasse solo alcuni divieti che venivano posti per alcune fasce di età di spettatori. Fu grazie anche a questo cambiamento che molti film dell’epoca poterono osare, sia ad un livello rappresentativo che tematico, di affrontare argomenti che prima erano stati sempre tenuti lontani dal grande schermo.

 

 

 

 

Torniamo alla B.B.S di Schneider e Rafelson che fece parecchi soldi, agli inizi, grazie ad un progetto che prevedeva lo sfruttamento puramente commerciale, in America, del fenomeno dei Beatles. Venne creato a tavolino un gruppo che gli assomigliava in tutto e per tutto: The Monkees. Intorno a loro fu organizzata una colossale operazione di packaging e merchandising, che comprendeva il commercio di dischi, riviste, magliette e gadget vari per il pubblico adolescente. Fin qui ci troviamo all’interno delle più semplici logiche di mercato ma interessante è vedere cosa successe quando questo fenomeno mediatico iniziò ad esaurirsi. Si decise di fare un film, diretto da Rafelson e scritto da Nicholson, proprio sulle vicende di questo gruppo. Solo che invece di continuare l’imbroglio si cercò molto coraggiosamente (e forse con un pò di furbizia) di smascherarlo. Head (questo il titolo del film) racconta dunque le vicende della realizzazione di un film sulla famosa band, rivelandone l’inconsistenza musicale e apertamente denunciando le tendenze manipolatorie dei media, con la vaga idea di allertare il pubblico (cinematografico) sui mille modi in cui gli spettatori (più in generale) possono essere presi in giro dai detentori dei mezzi di comunicazione. Per Rafelson questa fu quasi un’autoaccusa indispensabile per redimersi, per The Monkees fu praticamente un suicidio e questo film sancì infatti la fine della loro effimera carriera. Grazie ai soldi ottenuti da tutta questa operazione, la BBS ottenne una posizione privilegiata che come vedremo le permetterà di portare avanti progetti molto più ambiziosi e importanti.

 

 

 

     

Due attori e amici, Peter Fonda e Dennis Hopper, nel frattempo, stavano lavorando ad un nuovo film che avrebbe avuto come protagonisti due motociclisti. Ancora mancava una sceneggiatura precisa e il tutto era ad uno stato embrionale, ma Hopper e Fonda avevano le giuste motivazioni affinché il film si realizzasse. Naturalmente il primo passo era quello di trovare qualcuno che sovvenzionasse il loro progetto. Provarono da Bert Schneider e grazie anche all’appoggio di Nicholson trovarono i soldi che gli servivano per iniziare le riprese. O meglio, Schneider staccò un assegno da 40.000 dollari a Dennis Hopper per  vedere quello che lui sarebbe riuscito a girare con questo budget, per poi decidere se continuare a produrre il film o tirarsi indietro. Si può subito vedere come i soldi messi a disposizione (anche se non molti) siano stati dati più che altro sulla parola, in mancanza infatti di una sceneggiatura vera e propria o di un soggetto preciso. A differenza delle grandi major che hanno nella pianificazione totale dei loro progetti filmici il loro punto di forza (ma anche il loro limite) Schneider si affida all’istinto o comunque si apre verso progetti non da subito ben definibili. Hopper e Fonda partirono insieme ad altri amici (che formeranno la loro troupe, molto variegata e ad un passo dal dilettantismo) per New Orleans dove filmarono alcune scene del carnevale e acquisirono una buona quantità di materiale filmico da far vedere, in seguito, a Schneider. La situazione non era delle migliori, visto che la maggior parte della troupe, compresi Hopper e Fonda, era sempre su di giri, ma le immagini (che poi sono le stesse che nel film saranno usate per la parata e per la scena del trip) una volta portate a Schneider sortirono il loro effetto e il produttore si decise a mettere a disposizione gli altri soldi per girare la loro prima pellicola: Easy Rider.

 

 

 

 

Questo articolo è tratto dalla tesi di laurea del Dottor Chinaski (2006) dal titolo:

"LA RINASCITA DI HOLLYWOOD: LA FIGURA DEL REGISTA TRA MERCATO E ARTE"

 

 

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