Potrebbe essere cervicale. O un tumore al cervello. I due punti estremi di una sterminata ridda di ipotesi che costituiscono il conscio aggrapparsi alla razionalità. Potrebbe essere una nevralgia del trigemino, un'otite. Potrebbe essere psicosomatico, si, la migliore delle dignosi della medicina moderna che non sa che pesci pigliare. Sei tu è colpa tua. Nella società contadina ci si alzava prima del sole e si facevano figli prima appena dopo il tramonto e buonanotte, non c'era tempo per le stronzate psicosomatiche. C'erano i matti istituzionali, quelli del villaggio, che ridevano sempre o urlavano sempre e non facevano male a nessuno. Fungevano da monito, da paragone tra il normale e lo strano, rinforzino per le stanche membra dei rubicondi agresti padri di famiglia certi del loro fare giusto, di una società laboriosa e umile che tuttavia, col passare del tempo ha scoperto di riconoscersi sempre di più in loro, nei loro matti. Sto divagando. Potrebbe essere Parkinson. Alzheimer. Sindrome di qualche cosa fino a ieri sconosciuto e scoperto oggi. Le daranno il mio nome, "Sindrome di Roto" sarò famoso, mia mamma sarà orgogliosa di me . Conosco queste sere di nebbia e silenzio, di solitudine. L'orizzonte potrebbe essere ad un passo da me e potrei cadere o lontanissimo, talmente lontano da me da averlo un passo dietro da non raggiungerlo mai. Tutte le linee stasera si protendono a caso verso un fantomatico punto di fuga, in corsa su quell'orizzonte fatto di milioni, miliardi di punti di fuga, in fuga dal caos, in cerca di quella regola oggettiva che ne stabilisca la conscia razionalità. Tutte le linee stasera stanno schiacciando le prospettive in architetture grottesche, contorcendosi in un lento stridore verso ogni punto, verso ogni oggetto in movimento, sovrapponendosi e fondendosi in mondi osceni, soli. Ogni uomo che passa a testa bassa, un cane, un' auto in tangenziale della quale si ode solo il rombo, attira la disperata rincorsa al giusto ordine delle cose. Anche io sono un punto di fuga su un orizzonte per qualcuno, anche io sto attirando le linee guida di qualcosa che non riesco a dominare, stasera nella solitudine, sono il conscio punto di riferimento in corsa lontano dal caos. Tra me e quel pazzo lontano, che ride nero nella nebbia che corre con tutti quei fili in mano, con tutte le prospettive del mondo in pugno, trascinandosi dietro muri palazzi alberi come fossero palloncini, esiste una sterminata ridda di ipotesi che costituiscono il conscio aggrapparsi alla razionalità. Potrebbe essere cervicale o tumore al cervello, i due estremi che si allontanano moltiplicando all'infinito i punti di fuga. Nelle risate che si perdono nel buio , rimango così, nel dubbio, con in mano un fascio di fili come fossero palloncini e tutte le prospettive del mondo accartocciate su di me. Che sia colpa mia?


Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta