Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Vecchio cinema Splendor
L’incontro fra Massimo Troisi ed Ettore Scola inizia con questo film che racconta la crisi del cinema e di un cinema nella provincia italiana dove il piccolo schermo ha vinto sul grande schermo. Le premesse della fusione tra il malincomico per eccellenza, ma che avrebbe dimostrato di essere molto di più, e uno dei registi più importanti del nostro cinema, erano buone ma si dimostrarono un’occasione mancata alla prova dei fatti. In realtà il napoletano aveva bisogno di tempo per accumulare idee tra una regia e l’altra, e il regista cercava nell’altro qualcuno o qualcosa che potesse rivitalizzare la sua opera. Il film sembra la brutta copia di nuovo cinema paradiso, per il sottoscritto già quello non era certo un capolavoro, ma almeno funzionava come percorso esistenziale del protagonista. Qui tutto si concentra sulla vicenda del cinema sull’avvicendarsi dei film, sulle folle di paganti dei decenni successivi alla guerra sul neorealismo e sulla commedia all’italiana. Il film appare posticcio come il trucco che cerca di ringiovanire il padrone del cinema Mastroianni o che controfigura la maschera femminile con un corpo da signorina. Si parte dal camioncino che porta il telo e la magia del cinema tedesco di Fritz Lang degli anni venti per arrivare alle sale deserte dei televisivi anni ottanta in un continuo e disordinato alternare colore e bianco e nero. Il cinema diventa il luogo del sogno della bellezza magica della maschera in rosso che attira anche il nostro Troisi che presto diventerà il terzo incomodo del film, diventando presto esperto proiezionista che vive sempre con i film e nei film senza mai uscire veramente dallo Splendor riuscendo ad essere anche stucchevole. Alla fine i film li vedranno loro tre insieme al critico cinematografico del giornale locale finche non diventerà critico televisivo in onore ai tempi e il libraio del paese , un azzeccato Paolo Panelli, innamorato fino alla fine della ex maschera che spera di convincere a stare con lei per il resto della vita. Opera che vorrebbe essere nostalgica ma risulta essere troppo artefatta per emozionare davvero. Il finale è scontato il cinema chiude per fare posto ad un centro commerciale non prima di averci propinato uno dei finali più brutti della storia del cinema.
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