Regia di Dan Gilroy vedi scheda film
Ladruncolo e ricettatore senza arte nè parte, Lou Bloom si reinventa reporter freelance, precipitandosi tempestivamente sul luogo del delitto grazie ad uno scanner radio e procurandosi così immagini forti ed efferate che rivende ad una tv locale. Giunto sulla scena di un massacro prima della polizia, riesce a filmare tanto le vittime quanto i carnefici mantenedo il riserbo su questi ultimi per sfruttare a suo vantaggio l'informazione e manipolarne la cattura per lo scoop che lo lancerà definitivamente nel business del giornalismo scandalistico. Costi quel che costi.
Lo sciacallo (2014): locandina
Chi è Lou Bloom? Un genio autodidatta che sfrutta a suo vantaggio gli spietati e cinici meccanismi del giornalismo d'inchiesta o un sociopatico che riesce casualmente a ritagliarsi uno spazio nel fiorente business dello sciacallaggio televisivo?
Sembra questa la domanda che anima questo corrosivo thriller metropolitano sui 'progressivi scivolamenti dell'etica' al tempo della civiltà dell'immagine e che, come nella gloriosa tradizione hollywoodiana sul tema ('Citizen Kane' - 1941 - Orson Welles, 'Ace in the Hole' - 1951 - Billy Wilder, 'Network' - 1976 - Sidney Lumet), pare tratteggiare il carattere grottesco e tragico insieme di un reietto che si muove ai margini di una intricata giungla suburbana fatta di violenza e di sangue, pronto a monetizzarne il potenziale economico nell'interesse morboso che il mercato dell'informazione catodica sembra conferire loro.
Esasperando i toni dell'apologo morale in una lotta senza esclusione di colpi (la tenzone tra i due cameramen concorrenti con boicottaggio finale, la transazione economica e sessuale tra freelance e manager televisiva, il crudele sacrificio dell'aiutante inaffidabile) e suggerendo una sociologia dell'orrore che nasce dal degrado di una periferia urbana dove il suono delle sirene e delle armi da fuoco finisce per sconfinare con gli strazianti ululati nelle notti di un plenilunio californiano, l'esordiente Gilroy ci propone l'ennesima declinazione di un'alienazione metropolitana ('Taxi Driver' - 1976 - Martin Scorsese, '15 Minutes' - 2001 - John Herzfeld) in cui tanto l'adesione fideistica ad una rigorosa disciplina professionale quanto la totale assenza di scrupoli etici e di empatia umana, conduce lo stralunato protagonista interpretato da Jake Gyllenhaal ad esasperare 'sul campo' le degenerazioni manipolatorie del mestiere giornalistico: dalla documentazione della notizia alla creazione della notizia si sa, il passo è breve.
Taxi Driver (1976): Robert De Niro
Lo sciacallo (2014): Jake Gyllenhaal
Fondato su di una progressione drammatica che punta ad un gioco sempre più sporco e sul trasformismo ferino di un irsuto (e smagrito) Gyllenhaal, il film mantiene la malsana coerenza di un rigore sarcastico che evita di scadere nelle facili trappole del parodismo e dell'ironia, finendo per mettere sullo stesso piano le responsabilità collettive (il Network ed i suoi 'profili legali') con quelle individuali e mostrandoci, in un finale da antologia, la ricognizione in 'presa diretta' sulla scena di un crimine in cui un novello Truman Capote dagli occhi spiritati e dal ciglio puntiglioso sembra arrivato giusto in tempo per documentare sul campo una strage da 'A sangue Freddo' che vale una carriera.
Lo sciacallo (2014): Jake Gyllenhaal, Rene Russo
Lo sciacallo (2014): Bill Paxton, Jake Gyllenhaal
Lo sciacallo (2014): Jake Gyllenhaal, Riz Ahmed
Lo sciacallo (2014): Jake Gyllenhaal
Nomination come Migliore attore in un film drammatico per Jake Gyllenhaal ai Golden Globe 2015. Donny Darko è cresciuto e val bene un Oscar!
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