Regia di Michele Massimo Tarantini vedi scheda film
Vedere Enzo Cannavale(il Maresciallo Nicola Capece DETTO "La Volpe di Forcella") tra una folgorante battuta-osservazione partenopea e l'altra, co-protagonista d'azione pistola in pugno correre e saltare muretti, o impegnato alla guida-con accanto per passeggero il commissario Mauri/Luc Merenda-, in inseguimenti con le Giulietta che nemmeno Ryan O'Neil in "The Driver", va detto, vale da sè la visione.
Purtroppo Michele Massimo Tarantini è stato un regista prevalentemente di commedie scolacciate e non adatto a dosare né a saper davvero amministrare, alcun segno di tensione e interesse serio come si converrebbe ad un poliziesco del periodo che si possa innalzare veramente, solo dal suo splendido effetto vintage. Rimangono alcune buone sequenze però, come quella dell'esecuzione in carcere al detenuto in trasferimento da Poggioreale, compiuta con la lama dall'immancabile Nello Pazzafini, e che figura infatti anche sui bei manifesti d'epoca.
Da culto assoluto la catalogazione dello stesso Cannavale al livello di apprezzamento dei vari culi femminili che i protagonisti Merenda e lui vedono dalla macchina di servizio, con "uno, due, tre bidet".
Tante tante belle facce del cinema di genere nostrano, a partire dal presenzialissimo Claudio Gora camorrista "professore" con villone antico borbonico, Don Domenico Laurenzi, e doppiato in napoletano da Riccardo Cucciola! Per non tralasciare grandi facce del cinema partenopeo soprattutto del filone "camorristico" come il massiccio Enrico Maisto, il sempre "o'fetenzia" Nando Murolo, fino alla "Caroline di Monaco" di Capodimonte, Sonia Viviani strafichissima, in un ruolo per una volta più lungo, anche se ovviamente non sapeva proprio recitare. Impagabile la sinossi-giudizio di qualcuno dell'epoca sulla rivista, con dei termini e toni che trattano al solito questo cinema e questi film, attori, registi, come ancora qualcosa di non troppo dissimile dalla "merda", e che sembrano usciti dai sdegnosi giudizi brevi di qualche "vice", sul Messaggero o Paese Sera dell'epoca. Quando invece sarà stato scritto addirittura negli anni 2000.
Ma non tutti pensano che siano meglio gli onanismi zen lynchiani, e a migliaia apprezzano questo cinema e se ne sentono rappresentati, ormai dovrebbe essere assodato. Finale con Mauri/Merenda che si allontana sconsolato se non sconfitto, ma probabilmente ancora non domo, come era diventata quasi una chiusura tematica nei film del filone, qui realizzato con toni però forse troppo da melodramma-sceneggiata alla Alfonso Brescia, di cui il film è stato una sorta di precursore, involontario.
Buono ma esagerato, il lungo inseguimento automobilistico nella parte centrale.
Ted_Bundy1979
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