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Lo Hobbit: La desolazione di Smaug

Regia di Peter Jackson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lo Hobbit: La desolazione di Smaug

di DeathCross
5 stelle

Kolossal d'intrattenimento, secondo capitolo della trilogia "The Hobbit", prequel della notevole trilogia "The Lords of the Rings".


Come nel precedente capitolo, anche qui la lunghezza è evidentemente eccessiva: le integrazioni con le interessanti annotazioni di Tolkien non giustificano la prolissità narrativa di una trilogia che poteva (e doveva) benissimo essere condensata in un'unica pellicola, o al massimo estesa in due capitoli (con magari un terzo capitolo come collegamento tra le due trilogie, ma estraneo al romanzo). Jackson e i produttori, invece, decisero, quasi esclusivamente per interessi economici, di realizzare questa semi-deludente trilogia, e come se ciò non bastasse ogni capitolo (almeno i primi due, ma si teme un peggioramento nel terzo) arriva a durare la bellezza (si fa per dire) di 160', quasi 3 ore di film (ed esiste pure una "Extended Cut"!): il risultato è una pellicola dal sapore annacquato, con scene d'azione dilatate fino ai limiti del sopportabile (tanto da far quasi rimpiangere la sequenza esagerata dello scontro Neo vs. orda di Smiths in "The Matrix: Reloaded"), che per di più tentano di imitare (anche nella musica) le battaglie dell'altra trilogia senza recuperarne però l'epicità, scadendo invece nell'effetto videogame, accentuato dalla patina digitale che permea il prodotto. Stendiamo un velo pietoso, poi, sui dialoghi triti e ritriti e sugli orchi completamente in CG (mentre in iSdA avevamo un ottimo lavoro di make-up artigianale), con l'aggiunta di un Legolas allucinato (gli occhi e le espressioni sembrano quelli di uno reduce da un rave-party) infilato a forza e perciò inutile. Si nota, inoltre, un drastico e pasticciato cambio di rimto, con una prima parte incalzante (fin troppo) e una seconda più dilatata (anche qui, eccessivamente).

 

Nel complesso, però, la delusione risulta parziale, anche perché lo spettatore è preparato dall'esperienza del primo episodio. Come in "An Unexpected Journey", inoltre, il film riesce a proporre alcuni momenti piuttosto coinvolgenti, specialmente quando segue, nella lettera e, soprattutto, nello Spirito, il romanzo originario (Beorn, i ragnoni), fino ad arrivare a sequenze davvero gustose, come il magnifico dialogo fra Bilbo e Smaug (doppiato magistralmente dal giovane Benedict Cumbebatch), che ripropone sapientemente l'atmosfera sassone dell'Opera di Tolkien. Degna di nota, anche, la presenza di Sauron (sempre doppiato da Cumberbatch), mostrato 'a matrioska'.

Sul piano tecnico, nulla da obiettare: Peter Jackson è un regista dall'abilità indiscutibile; le scenografie sono come sempre mozzafiato, sia per le location ricostruite (come la città, che richiama quasi Venezia) che per gli incredibili (ma reali) paesaggi della New Zeland; gli effetti digitali, seppure troppi, sono insuperabili, la colonna sonora è ottima (e gli echi del Signore degli Anelli sono godibilissimi). Non male il cast, anche se non arriva ai livelli della vecchia trilogia, nemmeno McKellen, la cui stanchezza è evidente; Freeman, invece, conferma la sua bravura e interpreta Bilbo dandogli un tocco squisitamente british, perfettamente in linea con le intenzioni di Tolkien.

Riguardo al finale, l'ho tovato meno 'tronco' di come le varie recensioni lette e ascoltate mi avevano lasciato intendere.


In conclusione un film d'intrattenimento che non riesce a pervadere totalmente lo spettatore ma che comunque svolge il suo 'lavoro' onestamente. Sarebbe stato interessante, però, vedere cosa avrebbe fatto Guillermo Del Toro (originariamente destinato a dirigere l'opera) col romanzo tolkeniano.
Jackson, seppure non completamente in forma, firma un film fantasy che, in ogni caso, risulta nettamente migliore qualitativamente di tutti quei cinecomic privi di anima (e stile) come la maggior parte degli ultimi film Marvel.


Voto: 6 (-)

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