Regia di John Ford vedi scheda film
Film notturno, dolente, inesorabile, ma con una fiamma pur debole di ottimismo e idealismo che si porta fino alla fine, nel volto bellissimo, tenero e al contempo disincantato di Henry Fonda. Tratto da uno dei grandi romanzi di Steinbeck, "Furore" non fa sconti, non trova scorciatoie, non stempera in momenti allegri, ma tira avanti fino in fondo
Pur essendo un appassionato di John Ford, "Furore", uno dei suoi classici, mi mancava.
Ford applica a questo film i topoi del suo attuale e futuro cinema, in una strana inversione cronologica, dove in realtà il grosso dell'epopea e della visione del West che conosceremo dai suoi film successivi (da "La Carovana dei Mormoni" a "Sentieri Selvaggi", dal "Grande Sentiero" a "LIberty Valance") sembra quasi anticipata da questo che in realtà è, dal punto di vista storico, uno dei suoi film più "recenti", cioè tra i pochi ambientati in pieno Novecento (la Grande Depressione del 1929).
Abbiamo il racconto degli ultimi e degli outsider che provano a ritagliarsi un ruolo e un futuro nell'America della Grande Promessa, gli echi biblici, una Frontiera che, già qui, si riduce ad un peregrinare senza metà verso un luogo, non importa quanto misero e lurido, dove alzare qualche spicciolo per non morire di fame.
E soprattutto c'è un realismo crudo, amaro, chiaroscurale, che Ford espliciterà così solo da LIberty Valance in poi.
Furore (1940): Dorris Bowdon, Henry Fonda, Jane Darwell
Tratto da uno dei grandi romanzi di Steinbeck, autore che al cinema ha dato tanto e che ha sempre condito i suoi libri di una visione amaramente darwiniana del mondo, mai accettata pienamente ma certo non negata, attraverso un'osservazione quasi marxista dell'Ordine delle cose (Steinbeck ha realizzato un magnifico diario della Russia post rivoluzionaria, in piena guerra fredda, tra le varie cose), "Furore" non fa sconti, non trova scorciatoie, non stempera in momenti allegri o leggeri (come faceva nei pur amarissimi "Sentieri Selvaggi" e "Cheyenne Autumn"), ma tira avanti fino in fondo.
E arriviamo alla parte finale in chiave "New Deal" e con tratti quasi socialisteggianti, cosa che non sorprende per chi conosce Steinbeck, ma un po' si se pensiamo a Ford, che pur essendo in fondo un autore a modo suo politico, non lo è mai stato in modo così esplicito (pur se in momenti e dialoghi circostanziati), salvo forse in "Cheyenne Autumn").
Furore (1940): Henry Fonda
Film quasi neorealista, magnifico
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