Regia di Roberto Bianchi Montero vedi scheda film
Raffaele, romano di mezza età trapiantato a Trento, ha un lavoro molto modesto, un figlio ormai adolescente che non gli porta rispetto e una moglie con cui da tempo non fa più sesso. Nel tempo libero vaga così per la città alla ricerca di avventurette, fino a che una giovane e piacente massaggiatrice comincia a dargli corda.
Il titolo ammiccante è la cosa più palesemente erotica della pellicola, eppure Il pomicione subì tagli in fase di censura e venne mandato in sala con il divieto di visione per i minori di anni 18: misteri del cinema italiano. La commedia, firmata da Adriano Asti e Delia La Bruna per quanto riguarda il copione e da Roberto Bianchi Montero per la regia, è una prevedibilissima carrellata di scenette comiche sul tema dell’adulterio con protagonista il sempre bravo Francesco Mulè; di nudità e di oscenità non ve ne sono in alcun modo, in compenso regna indisturbato un fallocentrismo che oggi risulta quantomeno disturbante. Ad esempio il film si apre con il protagonista (un uomo sovrappeso sulla cinquantina) che si reca sull’autobus a palpeggiare ragazzine – e nel corso della pellicola questo tipo di situazione ritornerà più volte, a raccontarci di un’epoca che fortunatamente non c’è più, ma che a ben guardare è proprio dietro l’angolo. Al di là di queste considerazioni che lasciano per forza il tempo che trovano – inutile giudicare il passato con gli occhi del presente, insomma – Il pomicione rimane un lavoro seriamente inconsistente, dalla struttura narrativa barzellettistica e carente anche in quanto ad appuntamenti comici: un’ora e mezza scarsa di visione non semplicissima a digerirsi, nonostante il già citato buon Mulè e tre colleghi di tutto rispetto nei restanti ruoli centrali dell’opera: Rosalba Neri (la moglie sfiorita ma non troppo), Venantino Venantini (il datore di lavoro playboy) e Gabriella Lepori (l’avvenente massaggiatrice). Di interessante a conti fatti rimane solo il titolo, che pure promette ciò che il film poi non mantiene. 2/10.
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