Trama
In un deserto remoto e senza nome, due soldati nemici si trovano di fronte a un paradosso surreale: dimenticano a quale fazione appartengono. Isolati ai margini del mondo, intrappolati in un territorio che è allo stesso tempo fisico e mentale, tentano di districare le maglie dell’identità e della lealtà, mentre l’assurdità della guerra scivola lentamente in un incubo di allucinazioni e specchi. L’amico diventa indistinguibile dal nemico, la logica del comando implode e il teatro del conflitto si trasforma in un gioco crudele e senza via d’uscita.
Oscar Hudson, dopo un percorso che lo ha portato dall’antropologia sociale al linguaggio dirompente dei videoclip, firma un debutto folgorante che mescola humour nero, sperimentazione visiva e tensione politica. Split screen audaci, spazi che si spezzano e si ricompongono, corpi che si muovono in un campo di battaglia che è anche un labirinto percettivo: Straight Circle richiama Beckett e Kafka, Tati sotto acido e Lynch dalle zone di guerra, per parlare dell’arbitrarietà delle frontiere, del delirio del potere e della follia ciclica dei conflitti. Un’idea di cinema che esplode sullo schermo come detonazione visionaria e necessaria, già destinata a segnare un tempo.
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