Regia di Sophy Romvari vedi scheda film
LOCARNO FILM FESTIVAL 78 (2025)
Il film si propone di raccontare l’incrinarsi delle certezze familiari e pedagogiche di due genitori, inermi di fronte al progressivo degenerare del comportamento del figlio maggiore - nato da un precedente matrimonio della madre – di cui il padre biologico sembra disinteressarsi completamente.
Le premesse sono quelle del classico racconto di formazione adolescenziale, ma osservato da un punto di vista esterno all’adolescente stesso. La soluzione narrativa poteva anche rivelarsi interessante, se non fosse che si fatica lungamente a capire quale sia effettivamente il punto di vista adottato; è necessario consultare preventivamente la sinossi o attendere la chiara svolta che si manifesta a metà film per comprendere che si tratti di quello della giovanissima sorellastra Sasha.
Il principale vizio di forma è costituito dalla mancanza di un vero sguardo coerente in tal senso: la regista Sophy Romvari non modula lo stile del racconto adattandolo alle diverse fasi della vita della protagonista, se non con una fotografia meno patinata e luccicante nella seconda parte della pellicola, volta fin troppo chiaramente a sottolineare la fine dell’età infantile. La chiara intenzione di lasciare in superficie il personaggio del fratello, facendone emergere i tratti solo attraverso gli altri personaggi che lo circondano — i genitori e, in particolare, la sorellastra-narratrice — non rende di per sé un problema il mancato approfondimento del personaggio stesso, ma mancano momenti di reale scandaglio emotivo in cui si assista allo sviluppo di quel sentimento di amore-odio che dovrebbe costituire il motore per il prosieguo della storia. Nel momento in cui viene mostrato che proprio Sasha, ormai adulta, si trova impegnata con una spasmodica ricerca della verità sulle cause che hanno determinato la vita turbolenta del fratello fino alle estreme conseguenze, si fatica duramente ad essere partecipi nella comprensione dell’origine del suo irrefrenabile desiderio chiarificatore.
In definitiva, tutto resta fin troppo controllato: manca il necessario trasporto emotivo, ed il trauma vissuto dal ragazzo in prima persona - che per osmosi influenza le vite di chi gli sta accanto - viene raccontato più che mostrato, rimanendo su un piano superficiale e mai palpabile, incapace di affondare davvero il colpo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta