Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
Ogni inizio ha una fine.
Stavolta si comincia dalle parti di John Ford, con un esplicito omaggio a Sentieri Selvaggi e si prosegue, con salti spazio temporali e metacinematografici per la via del noir anni '50 e dell'actionmovie orientale dei mitici seventies fino a giungere (eh già) dalle parti di Fist of the North Star. Paura&panico. Ma Tarantino conosce la scuola di Okuto? Pare di sì. E non ce ne sorprendiamo.
Formalmente Kill Bill vol.2 si mantiene sugli altissimi standard del primo tempo/episodio e alterna sapientemente fasi prettamente comiche, come l'allenamento di Uma Thurman con il maestro di arti marziali cantonese, durante il quale il regista delizia la platea con le famose carrellate avanti e indietro della telecamera, tipiche delle produzioni Shaw Brothers anni 70' , a momenti squisitamente drammatici come i ricordi , adagiati su un fondale bianco/nero/seppia della sposa promessa e oppressa dalla tragedia che l'ha colpita. Tutti coloro che avevano lamentato la mancanza di dialoghi brillanti nella prima parte del film saranno felici di sapere che lo "stile Tarantino" è stavolta pienamente soddisfatto e la lunga e delirante filippica che Bill fa alla sua killer preferita al termine della pellicola, va a mettersi a pieno merito sul podio occupato dal monologo di Samuel L. Jackson (qui presente in un cameo) in Pulp Fiction e della disquisizione del gruppo di iene sul significato di "Like a Virgin" in Reservoir Dogs.
Indubbiamente uno dei valori aggiunti di Kill Bill 2 è proprio Bill ovvero quel David Carradine, per il quale il tempo sembra essersi fermato. Al suo posto volevano mettere Warren Beatty e ogni amante del cinema di qualità non può che ringraziare San Quentin per la scelta del bolso attore/regista (Beatty non Quentin eh!) di lasciare il posto al mito delle arti marziali, qui in forma smagliante, capace di rubare la scena alla sempre eccellente ed attraente Thurman. La sceneggiatura, specie nelle originalissime forme con le quali elimina i personaggi dalla storia, si attesta come una delle migliori mai scritte da Tarantino che si autocita in almeno una mezza dozzina di occasioni.
L'amore per il cinema in tutte le sue forme è però il vero segno che qualunque spettatore può cogliere ad ogni inquadratura, in ogni fotogramma, un amore che permette a Quentin di firmare almeno due scene memorabili e commoventi che resteranno per sempre nella storia della settima arte: la "resurrezione" dalla sposa dalla sua tomba, con lo struggente sottofondo de "L'Arena" di Morricone ed il confronto , feroce e spietato, di quest'ultima con la risoluta e abbacinante Darryl Hannah che riscatta, in mezz'ora , dieci anni di performance dimenticabili.
Kill Bill 2 è esagerato, sopra le righe, verboso ma mai noioso e andrebbe rivisto più e più volte per apprezzarne ogni dettaglio e sfumatura. L'opera di Tarantino, presa nella sua globalità, è monumentale e straordinaria. Qualcuno, non a torto, l'ha definita la prima grande epopea del nuovo secolo e noi non possiamo che essere d'accordo.
Grazie Quentin, non ci hai deluso.
Dopo essersi vendicata di O-Ren Ishii e Vernita Green, la Sposa ha ancora due ex compagni sulla sua 'Lista' da incontrare, Elle Driver e Budd, prima di raggiungere il suo scopo: uccidere Bill.
Avvertimento per chi si è commosso vedendo Kill Bili 2 terminare con le iniziali Q e U, tanto grandi da invadere l’intero schermo: Quentin e Uma sono certo la decisiva coppia regista-protagonista ma al Festival di Cannes Tarantino s’è presentato a fianco di Sofia Coppola, la regista di Lost in Translation figlia di Francis Ford Coppola, una volta tanto vestita benissimo. Si comportavano come una coppia innamorata. Gli applausi, le feste, l’attenzione (sessantadue copertine di settimanali europei in due settimane), l’adorazione verso il regista della modernità è più entusiasta e affettuosa di quella riservata a un divo. Con la sua faccia da compagno di scuola brutto, a quarantun anni Quentin Tarantino ha già una sua leggenda super-nota. È nato nel 1963 a Knoxville nel Tennessee, è cresciuto in California con la madre (il padre s’era eclissato da sempre), nel 1985 è stato assunto come commesso in un negozio di videonoleggio che sarebbe stato la sua università di storia del cinema. Le prime esperienze di scrittura le ha fatte con piccole scene scritte per la scuola di recitazione che frequentava. Il primo film che ha diretto, Reservoir Dogs (Le iene), presentato nel 1991 al festival di Sundance, è stato accolto subito come un piccolo capolavoro; il secondo film, Pulp Fictìon, 1994, ha suscitato grandi passioni, ha vinto un Oscar per la sceneggiatura e una Palma d’Oro a Cannes attribuita da una giuria presieduta da Clint Eastwood. La sua maestria cinematografica è indiscussa, i suoi film sono quanto di più contemporaneo si possa vedere, i suoi gusti somigliano a quelli del pubblico, che anche per questo lo ama, che ama il divertente più che il bello: ha capovolto nell’ironia il segno del cinema di genere, ha trasformato i criminali in uomini comuni senza epica negativa, esecutori di una violenza che «è una condizione del mondo, non una sua alterazione». Tarantino non cerca il cinema bello, perfetto, colto, lirico o tragico. Ama il cinema dì genere quando la sua retorica è corretta dall’iperbole, dalla comicità, dal mix. Ama il cinema spurio, in particolare la commedia nera di sangue e di risate, trucida e divertente, fatta benissimo: ama, insomma, i propri film. un grande regista e uomo.
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