Regia di Jennifer Kaytin Robinson vedi scheda film
CM al Cinema (39)
Il nuovo So cosa hai fatto si presenta come un sequel – o meglio: un “requel” – che pesca a mani basse dal successo della serie TV omonima, ma fatica tremendamente a generare una propria identità. La regista Jennifer Kaytin Robinson sembra aver puntato tutto sul fan service, richiamando i sopravvissuti storici Jennifer Love Hewitt e Freddie Prinze Jr., pur relegandoli a ruoli puramente nostalgici e gratuita celebrazione del passato.
La trama ricalca quasi pedissequamente il film del 1997: un gruppo di giovani copre un incidente mortale e un anno dopo viene perseguitato da un killer mascherato. Anche il punto di svolta – chiedere aiuto agli ex superstiti del massacro originale – risulta un escamotage narrativo stantio, senza alcun valore evolutivo per la saga .
Chi si aspetta novità rimarrà deluso: l’effetto déjà vu non riguarda solo la trama, ma investe anche l’intero gruppo protagonista. I nuovi attori sono splendidi e fotogenici, ma si limitano a macchiette stereotipate: bionde cheerleader, quarterback palestrati, amici sensibili e ragazzine disinibite senza motivazioni credibili. Il tentativo di conferire loro una caratterizzazione moderna – tra spinelli, astrologia, citazioni femministe superficiali – resta superficiale, come un meme buttato a caso nella sceneggiatura.
La scrittura appare pigra: i colpi di scena sono prevedibili, i misteri mal gestiti e la tensione inesistente. Non aiuta neppure il ritorno dei veterani, che non serve a inserire un passaggio di testimone, ma solo nostalgici cameo che appesantiscono la narrazione senza aggiungere valore.
So cosa hai fatto (2025): Freddie Prinze Jr.
L’elemento horror, dalle promesse di brutality amplificata dalla regia, si traduce in omicidi più sanguinosi ma privi di pathos. Anche qui, l’estetica cruda è l’unica innovazione: il resto è un susseguirsi di morti senza tensione né coinvolgimento emotivo.
Tecnica, fotografia e colonna sonora restano nella media. Il film sembra più interessato a far vedere quanto sia “cinematograficamente figo” piuttosto che costruire un vero horror: la regia appare più preoccupata di estetica che di atmosfera, affermazione che varrebbe per interi dieci minuti di pura vacuità visiva.
Il finale è peggio del resto: due versioni alternative lasciano a bocca aperta per la loro incoerenza, compreso un epilogo post?credit con nuovi indizi lasciati lì solo per preparare il terreno al prosieguo. Non c’è quell’energia che ci si aspetterebbe da un franchise consolidato.
In sintesi, So cosa hai fatto (2025) è un sequel costruito su basi fragili, con idee deboli e personaggi senza spessore. Il richiamo alla serie TV e ai veterani serve solo come passepartout nostalgico, non come elemento narrativo utile. Il risultato è un prodotto che sembra più un’operazione commerciale per sfruttare l’effetto brand che un film con qualcosa da dire. Se cercate originalità, tensione o un vero horror contemporaneo, meglio riprendere in mano il cult del 1997: almeno lì c’era freschezza.
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