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The Running Man

Regia di Edgar Wright vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su The Running Man

di John_Nada1975
3 stelle

Viene a volte da pensare che fuori di qui ci possa essere un mondo diverso, un "ultramondo" alternativo e non proprietà dei cervelli da parte della multinazionali tipo la produttrice Paramount che è come la stessa NGC TV del film, viste le sperticale lodi generali mentre di un pubblico ormai lobotomizzato, mentre altrove è stato tutto un fiorire di voti e recensioni negative. Non ds ultime le medie sempre molto importanti - checché ne dicano certi zeloti- di Rotten Tomatoes, forse decisive per decretarne il sempre più vistoso flop commerciale, settimana dopo settimana. O forse, è soltanto perché la media anagrafica dei recensori è molto bassa-specie per un titolo del genere-, ragion per cui nemmeno è dato loro immaginare, un tempo in cui si faceva un cinema-e anche dei blockbuster certo-, infinitamente migliori, più incisivi e soprattutto CONCISI e di durata normale, credibili e in cui ci si poteva immedesimare, anche nel loro essere comunque dei fracassoni prodotti di consumo. Perché non si venga ad accampare la solita trita scusa che "è più fedele al libro" (come del resto lo "Shining" televisivo rispetto a quello di Kubrick, "Red Dragon" di Brett Ratner rispetto a "Manhunter" di Michael Mann, è altri mille titoli "più fedeli" e quasi sempre infinitamente inferiori, perché appunto un film è cosa ben diversa da un libro, e la "fedeltà" non premia se mancano le idee come a Edgar Wright), e non si deve paragonare al film originario del 1987 tratto dal romanzo di Richard Bachman/Stephen King del 1975, ma pubblicato solo a partire dal 1982; e soprattutto a un film interpretato da una delle figure più enormi, ingombranti e carismatiche del cinema nel tardo XX° secolo, ma non solo, cioè Arnold Schwarzenegger. 

Il cui Ben Richards interpretato tutto fragorosa ira e rabbiosità come del resto sono i tempi(quando come nel libro il personaggio era anche ironico e dai dialoghi scritti negli anni'80 che oggi si possono soltanto sognare), da Glen Powell un anonimo carneade che nemmeno conosco, può soltanto far rimpiangere, e da alcuni giornalisti è per la sua scarsa fama tra le cause indicate, dell'insuccesso del film.

130' di durata per neanche una introduzione dei personaggi all'altezza del romanzo e del film del 1987, nemmeno un personaggio memorabile e minimamente in grado di competere nello stesso campionato, con l'obeso tutto lucine natalizie di Dynamo di Erland Van Lidth, La sega elettrica di Buzzsaw di Gus Rethwisch,  Sottozero di Charles Kalani, Jr., e OVVIAMENTE, il grandioso Capitan Freedom di Jesse Ventura, 

e signori una regia di Paul Michael Glaser che si mangia a colazione ogni impostazione e (in) coerenza narrativa e registica, oltre che pianificazione strutturale data da Edgar Wright e dalle sue centinaia di collaboratori. Perché Paul Michael Glaser visto che nessuno lo sa o pare - non saperlo, non è stato soltanto Starsky o un attore comunque di rilievo del cinema e tv americano degli anni '70. Da protagonista a Broadway e sullo schermo dell' enorme successo "Il Violinista sul tetto" di Norman Jewison, come a fare il protagonista per John Huston. No, Glaser è stato anche uno che si è fatto le ossa registiche con Michael Mann e su "Miami Vice", oltre che a dirigere lo "spin-off" cinematografico del 1986 "I 5 della squadra d'assalto" (The Band of the Hand), sempre prodotto da Mann

E che da lui ha dimostrato di avere preso una padronanza di certo stile e di impaginazione, inquadrature in ambienti reali - come il futuristico centro direzionale in cui venne girato nel 1987 per il grattacielo e gli studi della rete televisiva- , cura del montaggio, che non sa neanche cosa siano uno come Edgar Wright nato con le scemenze demenziali del "cornetto" per goliardi studentati della generazione "X" e tipo "L'Alba dei morti dementi" o "Scott Pilgrim vs. The World", abituato come è da sempre a girare tutto o quasi dal/e nel finto di fondali digitali ed effetti speciali computerizzati(come gli inseguimenti da videogioco della boiata geek "Baby Driver", e la Soho tutta finta del suo ultimo film), infatti in questo film non c'è neanche uno sfondo metropolitano o un ambiente scenografico interno che sembri vero nè stilisticamente "nuovo" o convincente ma derivativo è anonimo(per non infierire non ho citato le mitiche tutine gialle e rosse, blu ecc. della Adidas, per i concorrenti del "The Running Man" nel primo film), e l'unica macchina che dovrebbe essere ganza invece di essere che ne so, una Dodge Charger ultimo tipo da 5000 e passa di cilindrata, è una "Alpine" elettrica che sembra una utilitaria in assetto da corsa, e fa abbastanza cagare come il vedere Ben Richards sfuggire a elicotteri e mezzi corazzata per un quarto di film, su una FIAT 500 ibrida. Una mancanza su tutto di ingredienti convincenti e ben amalgamati, che si intromette e pervade ogni aspetto del film, costantemente. E sul serio, vogliamo mettere il presentatore nero Colman Domingo (in rappresentanza della irrinunciabile quota omosessuale in tandem per quella lesbica con lKaty M. O'Brian-già pure nella abominevole vaccata "Queens of the Dead" nei panni della concorrente Laughlin) con il Damon Killian (scisso qui in due personaggi per dare il ruolo del mostruoso produttore ad un Josh Brolin che più "col pilota automatico" non si può) del vero famoso ex presentatore televisivo e bravissimo in ruolo tutto suo, Richard Dawson, ma sul serio? 

Invece è bene essere seri e dire che quando mi sono apprestato alla visione pur non avendo mai visto un film di Edgar Wright "che ti rimanga", pensavo che almeno dei lati positivi da dire ci sarebbero stati, e immagino pure che Glen Powell non sarebbe poi stato così male come protagonista se non avesse inevitabilmente dovuto confrontarsi con uno come Arnold Schwarzenegger che ormai "è" e sarà sempre Ben Richards, e che la prima puntata del programma in cui i cacciatori inseguono Glen Powell fosse abbastanza ben fatto, a parte la già detta completa mancanza di carisma e creazioni memorabili dei cacciatori. Penso anche che il personaggio di Michael Cera sia davvero derivativo, prevedibile e caricaturale.
Il fatto è che però al netto dei bimbiminkia e del loro gusto estetico da maranza,  non c'è niente ma proprio niente che funzioni in tutto il film, o che te ne faccia ricordare qualcosa. Il ritmo è semplicemente orribile, soprattutto dopo i primi 40' e fino agli ultimi 30' con la apparizione della maldestramente introdotta ragazza di classe agiata nella citata "Alpine" elettrica, che aiuta all'inizio ovviamente forzata e controvolere Richards(ridicolo riempitivo per avere almeno una donna ricca ma empatica che aiuti l'eroe sfigato e disoccupato MA come no, un personaggio nero che lo ha aiutato già c'è, alquanto brutta copia maldestra e "corretta" del personaggio di Maria Conchita Alonso nell'originale), che è da fare di tutto per non addormentarsi. Pleonastico dire che come quasi sempre oggi con queste durate "coreane", il film è troppo lungo; quello che avrebbe dovuto e potuto essere un film veloce di 80-85 minuti massimo 100,  si è in qualche modo allungato in più di 2 ore, oltretutto con finale "aperto" per immancabili seguiti, ma che dato il risultato commerciale quasi certamente non ci saranno, sarebbe da dire per fortuna. Eventi e dialoghi che avrebbero potuto e dovuto essere condensati sembrano andare avanti all'infinito come in una assurda serie tv che il film percula con la finta sit-com stile "I Kardashian", "I Latinos" . Oltretutto impiegando davvero troppo tempo per prendere il ritmo quando un qualsiasi film di azione della serie C di trenta e passa anni fa, sarebbe stato più efficace, e sarebbe già nella metà conclusiva. Per entrare nel conflitto principale in cui Glen Powell è in fuga dai cacciatori ci vuole oltre un'ora. E c'è una fastidiosa sensazione persistente di episodismo proprio da serie tv che il film per suo stesso intento "politico" dice, enuncia, di rifuggire: Un gran mucchio di caratteri ed eventi casuali sembrano accadere uno dopo l'altro. Quasi tutti i personaggi (come quelli interpretati da Lee Pace, Emilia Jones e Daniel Ezra) non sono né memorabili né interessanti. Il modo in cui questi personaggi utili o malvagi appaiono ripetutamente nel percorso di Glen Powell, è anche di una coincidenza da capogiro, impossibile da prendere sul serio anche con intenti fracassoni, e quindi togliendo interesse e pathos all'intera vicenda del protagonista. 
Il film manca di originalità nella trama come TUTTI quelli di Wright, nella presentazione e nell'esecuzione, con la scusante di essere "fedele", ma in maniera infantilistica e irritantemente fighettistica, superficiale, come altro difetto strutturale del cinema di questo inglese. Spesso sembra e si percepisce come di una miscela scadente, in versione Temu, del già orrendo modello bessoniano "Il Quinto elemento" , il mediocremente osservante "La Notte del giudizio" , baggianate nostrane come "Idiocracy", e capolavori di cui però non avere evidentemente capito né assimilato bene nulla, come "Mad Max" . La CGI poi tanto per cambiare a volte mi ha ricordato un videogioco per Nintendo Gamecube di 20 anni fa. Anche le scene d'azione  falliscono. Con tutte quante queste premesse, si potrebbe almeno immaginare che il protagonista possa fare affidamento su qualche metodo ingegnoso o geniale per fuggire; ma non è affatto così. 
La conclusione è banale e una brutta copia derivativa di "V per Vendetta" di James McTeague, non un capolavoro, con venti anni di età ma enormemente migliore, come ci si può aspettare. I dialoghi e la colonna sonora sono imbarazzanti con le solite canzoni alla Wright utilizzate(per fortuna qui con maggiore parsimonia che nell'assordante "Baby Driver" ) pure nelle pubblicità dei gelati 2 milioni di volte, una cultura musicale da geek che fa il pari per superficialità con quella di James Gunn. Il film cerca di essere divertente; nessuna delle battute riesce mai. Il personaggio di Colman Domingo( venuto alla ribalta con una delle grottescamente peggiori serie tv a memoria d'uomo, "Fear the Walking Dead"; attore nero omosessuale che fa quasi sempre i personaggi omosessuali - come probabilmente pure qui-, seguendo il manuale odierno per cui un omosessuale vero solo può fare un omosessuale, oltretutto pure nero, quindi non gli manca nulla per l'oggi) va detto estremamente fastidioso e noioso, con le sue numerose invettive telegrafiche ma be poco divertenti, poco affascinanti e poco degne di nota. Rendendo davvero fragoroso il ricordo e l'assenza di Richard Dawson, quasi come voler avere un Howard Beale sua nemesi contraria, ma senza Peter Finch

 



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