Regia di Danny Philippou, Michael Philippou vedi scheda film
Come nel loro film d'esordio, Talk to.me, i fratelli Philippou, affrontano il trauma infantile, l'occulto e la sottile linea di demarcazione tra vivi e morti. Collaborando nuovamente con il direttore della fotografia Aaron McLisky e il compositore Cornel Wilczek, i registi riempiono l'inquadratura di un senso di inquietudine, ancor prima che Laura inizi a comportarsi in modo strano. Ognuna delle sue strane azioni, tra cui il taglio di una ciocca di capelli dal cadavere del padre dei fratelli al funerale, è ripresa con agghiacciante distacco, invitando lo spettatore a speculare sui suoi secondi fini. Nel corso del film, la sceneggiatura di Danny Philippou e Bill Hinzman rivela abilmente sufficienti nuove informazioni affinché lo spettatore inizi a vedere il quadro completo senza comprendere appieno cosa Laura abbia in serbo, o come Oliver entri a far parte del suo piano.
Hawkins conferisce un inquietante naturalismo alla sua interpretazione di Laura, la cui affettata solarità suggerisce una donna alle prese con i propri demoni interiori.. L'attrice conferisce al ruolo così tante sfumature che, persino nei momenti più dolci diventa disturbante. Sebbene non sia certo il primo film horror a illustrare quanto possano essere spaventose le madri (o le madri adottive), Bring her back trasforma questa banalità di genere in un'avvincente analisi degli istinti materni distorti.
I suoi due giovani co-protagonisti interpretano egregiamente il ruolo di fratelli che hanno solo l'uno per l'altro, sebbene Wong, al suo debutto cinematografico, non riesca sempre a salvare Piper dall'essere una comoda costruzione narrativa. A causa della difficoltà di Piper a vedere oltre le forme e i colori generali, si affida al fratello per proteggerla dai bulli della scuola, ma una volta caduta nelle grinfie di Laura, la sua vita sarà seriamente a rischio. A volte, il trattamento riservato a Piper dai Philippous può virare verso la crudeltà, sfruttando costantemente i suoi problemi di vista per lasciarla indifesa nei momenti di suspense. Certo, l'horror dovrebbe essere spietato nella sua ricerca di spavento, ma l'uso di Piper come oggetto di scena da parte dei registi sembra inutilmente manipolativo.
Quando i Philippous rivisitano i classici tropi horror sul dolore, il film diventa più banale, come in Talk to me , e alcuni colpi di scena traballanti, e un finale deludente, indeboliscono il film.
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