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Bring Her Back - Torna da me

Regia di Danny Philippou, Michael Philippou vedi scheda film

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La recensione su Bring Her Back - Torna da me

di diomede917
8 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: BRING HER BACK

All’inizio ci fu Ari Aster che con i suoi Hereditary e Midsommer aveva fatto gridare al miracolo e spaventare gli spettatori con due horror scritti come due film d’autore, ma adesso con i Gemelli Philippou possiamo tranquillamente dire che abbiamo trovati due maestri di genere già alla loro opera seconda.

Il loro sguardo estremamente dark e pessimista nei confronti della nostra società è un qualcosa che ti colpisce e ti stravolge dentro, lacerando le budella. Un qualcosa che voglio ed esigo anche dai gemellini nostrani che portano il nome di D’Innocenzo che con Favolacce prima e Dostoevskij poi mi fa presagire in qualcosa di buono pure per il nostro cinema.

Se in Talk To me l’elaborazione del lutto viene visto da un punto di vista adolescenziale e la seduta spiritica con la mano della veggente diventa quasi una metafora di uno sballo totale portato da chissà quale droga per poi condividere sul web, in Bring Her Back il dolore per la perdita di un proprio caro diventa una vera e propria discesa agli inferi di una cupezza e cattiveria che non fa sconti a nessuno.

Protagonisti sono due fratellastri rimasti soli dopo la morte del loro padre. C’è Piper ragazzina orientale (proprio come in Presence) ipovedente che vede il mondo solo come un accumulo di ombre ma che vive la sua vita sempre col sorriso sulle labbra e poi c’è Andy l’iperprotettivo fratellastro che cerca di proteggerla dalle minacce esterne ma soprattutto dalla sua componente autodistruttiva nonostante i suoi 17 anni.

I ragazzi vengono affidati a Laura, la migliore psicologa della polizia che ha subito anche lei il lutto di una figlia ipovedente morta annegata e che vive con il nipote Oliver un ragazzino chiuso in un mutismo selettivo dopo il tragico evento.

I Philippou sono abilissimi nel concentrare la loro storia puntando tutto sul disagio giovanile che sia esso visto sotto forma di handicap visivo oppure sotto forma di violenza domestica fino ad arrivare all’abuso estremo per rituali demoniaci (fatti e situazioni accaduti anche nei fatti di cronaca del nostro Paese). Tutto questo è ben coadiuvato dalla bravura dei tre giovani protagonisti Sora Wong, Billy Barrat e soprattutto Jonah Wren Phillips un Ollie che difficilmente dimenticheremo e che io ho tuttora impresso davanti agli occhi mentre scrivo la recensione.

Un discorso a parte merita la maestosa Sally Hawkins che passa da Mike Leigh a Woody Allen fino ad arrivare alla poetica Elisa della “Forma dell’Acqua” che in Bring Her Back si trasforma in un’angosciante figura femminile che non vedevamo dai tempi di Misery non deve morire.

La sua Laura tiene dentro di sé il dolore di un lutto irreparabile nella propria psiche, un’elaborazione che la porta a compiere dei gesti estremi che non sai se odiarla o commiserarla. L’unica cosa certa è che abbiamo la prima seria candidata ai prossimi Oscar.

I gemelli Philippou hanno realizzato un’opera nerissima che condensa l’horror uscito da una fiaba dei fratelli Grimm al demoniaco più estremo fino ad arrivare al cannibalismo e all’autolesionismo a cui riservano le immagini più crude che disturberanno anche un pubblico più scafato.

Se vogliamo trovare un difetto è che forse c’è troppa carne al fuoco e non tutte le sottotrame siano rappresentate allo stesso modo ma ce ne fossero di film così che ti fanno sentire in colpa come spettatore e come essere umano.

Voto 8

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