Regia di Massimo Ceccherini vedi scheda film
Ci vuole una visione attiva per trarre quello che c'è di veramente buono (e ce n'è tanto) nel cinema di Ceccherini. Anche nella sua più berciata volgarità c'è una delicatezza, una malinconia e una disillusione che me lo avvicinano molto al Benigni degli esordi. Ceccherini è un genuino, di sincera e ruspante disillusione contadina, e nei suoi film quando si ride si ride verde, come nel cinema del miglior Pozzetto. Questo suo film è un ulteriore passo avanti: la regia mi pare questa volta corretta e puntuale, e c'è un montaggio davvero buono. Peccato per i venti minuti finali, in cui il suo incantevole personaggio si fa troppo caricaturale, altrimenti di questo film potrei dirmi, senza l'ombra di riserve, davvero entusiasta. Ma, davvero, lo squallido "cinema" di un Panariello o di un Pieraccioni a caso, è simile a questo solo ad una visione peggio che superficiale. D'altronde sono proprio le sfumature che fanno la differenza, no? E in questo film di "sfumature" che elevano la dolcezza triste di Ceccherini sul nulla di altri suoi colleghi ce ne sono infinite, occorre solo andare oltre al primo sguardo e non ragionare per i soliti dogmatici luoghi comuni.
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