Regia di Nicolangelo Gelormini vedi scheda film
Gloria Rosboch venne davvero uccisa a Torino nel 2016 dal suo studente, dopo una storia apparentemente romantica e una truffa per migliaia e migliaia di euro. È il turno del cinema raccontare quella storia, attraverso gli occhi di Nicolangelo Gelormini che era co-regista insieme a Valeria Golino (qui protagonista) de L’arte della gioia e che qui torna quasi a fare una postilla di quel Goliarda Sapienza Universe che già Golino aveva arricchito da protagonista in Fuori di Mario Martone, in cui lei interpretava l’autrice del romanzo che narra le gesta di Modesta. Quella Goliarda Sapienza plasma ormai la realtà o la visione della stessa, e il titolo del nuovo film di Gelormini, Gioia (al posto del Gloria della vera Rosboch), sembra voler esplicitamente proseguire la narrazione di un mondo che fa confliggere “sentimentalmente” le generazioni e che fa smuovere i giovani nella direzione di una distruzione degli altri per la soddisfazione di se stessi. E quindi qui Alessio, una Modesta in formato cross-dressing, è artefice di un male giovane, ingenuo e indeciso, forse meno “empowering”; in compenso Gelormini stavolta sceglie il volto più emblematico che si troverebbe nel controcampo delle “vittime” di Modesta (di Alessio, per sillogismo) e cioè Gioia, più che adulta ma altrettanto ingenua, altrettanto infantile, attratta dall’idea di accelerare nella follia romantica con Alessio dopo “essere andata lenta tutta la vita”. Lei ha più di cinquant’anni e rende conto ai genitori con cui ancora vive; Alessio è il primo a guardarla, a toccarla, a farle intravedere un mondo più grande della sua stanza, del suo salotto, del suo rituale tifo della Juventus. Gelormini cinicamente stringe sull’assurdità delle scelte di Gioia. Forse non restituisce compiutamente l’incanto ingannevole del suo amore (quello che la convinse a donare al ragazzo 187.000€, 220.000€ nel film), ma con enorme agilità il regista azzera i tempi morti senza inseguire quelli vivi (o senza darlo troppo a vedere), cesellando un film fresco, accattivante, a volte virtuoso (il primo bacio è un volo onirico esaltante), che della serie sapienziana (con cui condivide la produzione Sky) ripesca l’entusiasmo immorale e la voglia di non cercare le psicologiche motivazioni umane, quanto piuttosto l’angosciante semplicità dell’essere gabbati per amore.
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