Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Bugonia (2025): locandina
La tecnologia non è una minaccia, a meno che non sposi il profitto, afferma Lantimos in un’intervista su Bugonia, ultimo film presentato a Venezia.
Peccato che il matrimonio sia già avvenuto da un pezzo e non ci siano avvisaglie di crisi.
E lui lo sa benissimo. E lo dice con una chiarezza che più non si può.
Partiamo dal titolo, strana parola per chi ha dimenticato Virgilio, Georgiche IV, il mito di Aristeo, dove si sostiene la falsa credenza secondo cui dalla carcassa di un bue morto può nascere uno sciame di api (la società perfettamente rigenerata). Bugonia è la carcassa del bue.
Un bel fiore apre il film, un’ape sta succhiando il nettare; scena successiva: Teddy (Jesse Plemons) con il cugino Donald ( Aidan Delbis ) stanno amaramente constatando l’imminente fine della bella comunità di api che allevano nel terreno fuori casa.
Cambiamenti climatici, monocolture, uso di pesticidi, perdita di habitat e malattie, lo sappiamo tutti anche se sorvoliamo, a chi volete interessino le api tranne agli apicultori? Eppure da un po’, ad esempio, succedono cose strane alle laboriose bestiole, possiamo trovarle impazzite a coprire un tazebao in centro città, e tutti a guardare divertiti in attesa del … derattizzatore? o come si chiama l’omino mandato dal Comune
Ma Teddy non si diverte affatto, e poiché è un complottista parecchio fuori di testa, per di più distrutto dal dolore per la madre in fin di vita in ospedale per farmaci che l’hanno avvelenata, lo attribuisce ad alieni venuti da Andromeda per distruggere il genere umano.
Poiché ogni complotto ha uno o più capi, Teddy (il cugino Don è ininfluente, anche se, a conti fatti, alla fine è l’unico essere pensante con la sua testa dotata di pensiero divergente) individua in Michelle Fuller (Emma Stone), potente amministratrice delegata di una multinazionale farmaceutica, la responsabile da rapire, sicuro che sia un'andromediana, anzi l'imperatrice degli Andromediani. Per farne cosa non lo sa ancora bene, ma intanto la chiude nello scantinato della casa, stamberga isolata, e la fa rapare a zero da Don, non si capisce perché.
Quello che succede fino al finale a sorpresa nell’arco di tre giorni in attesa dell’eclissi di luna, è quanto di più strampalato sia dato vedere, Stavolta Lantimos, pur non rinunciando alla sua geniale capacità di far sembrare l’assurdo reale, ha voluto prendersi una vacanza e ridere un po’, anche se è più un ghigno soddisfatto che una bella risata.
Soddisfatto di che? Di aver colto pienamente nel segno.
Fiumi di parole e intere biblioteche, infiniti talk show e miliardi di dati, database traboccanti di fosche previsioni: nulla più serve, neppure l’intelligenza artificiale, il destino dell’umanità è segnato, si corre verso la catastrofe, faremo la fine delle api.
Il bello è che nessuno ci crede, e allora meglio inventare una favola stralunata che dice tanta verità.
E i fiori? Di quelli si domanda la fine Marlene, con la sua calda voce sui titoli di coda, quando torna il fiore di apertura:
Dove sono andati tutti i fiori, dopo così tanto tempo?
Dove sono andati tutti i fiori, tanto tempo fa?
Dove sono andati tutti i fiori?
Delle giovani ragazze li hanno raccolti tutti.
Oh, quando mai impareranno?
Oh, quando mai impareranno?
Dove sono andati tutte le giovani ragazze, dopo così tanto tempo?
Dove sono andati tutte le giovani ragazze, tanto tempo fa?
Dove sono andati tutte le giovani ragazze?
Hanno trovato marito tutte quante.
Oh, quando mai impareranno?
Oh, quando mai impareranno
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Satira provocatoria e straniante, dito puntato contro le storture della società capitalistica, castigat ridendo mores, come sempre, e ci lascia esasperati, sbattuti come alcool in un mixer, attoniti e increduli, storditi dagli ingressi improvvisi della musica sperimentale con tracce rock anni Novanta di Fendrix.
Distopia e Teatro dell'Assurdo, lo scantinato è quasi l’unico, asfittico set dove si consuma lo scontro tra Teddy e Michelle, un gioco al massacro dove circola tanto sangue e i confini saltano, cospiratore e cospirato sono intercambiabili, i punti di riferimento normali, quotidiani, non esistono più.
Voliamo nella fantascienza, o forse sarebbe meglio dire nel mito, come il labirinto di Borges, Lantimos crea un’allegoria della complessità del mondo, la cui intelligibilità non è afferrabile attraverso la sola ragione. Il pianeta Terra è un’architettura che, insieme, protegge e incarcera chi lo abita.
Dal regno degli umani, di cui si racconta una storia del tutto inedita, si passa nel fantastico regno di Andromeda, la nostra Michelle si rivela grande sacerdotessa e procederà a bucare con uno spillone una specie di grande pallone.
E’ la fine, sulla terra sopravvivono solo gli animali, un veloce giro di mdp non lascia nessuno in vita.
E i fiori? Aspettano di regalare il loro nettare alle nuove generazioni di api che nasceranno da Bugonia.
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