Regia di Dean Fleischer Camp vedi scheda film
Disney prosegue nella sua incondizionata corsa di portare sul grande schermo, in live action, i suoi classici di animazione e questa volta, con Lilo & Stitch del 2002 sembra sia riuscita a fare (finalmente?) centro.
Quarantaduesimo classico Disney, l’originale Lilo & Stitch riesumava un vecchio personaggio creato da Chris Sanders degli anni’80 ed era stato un progetto meno costoso, e sfarzoso, rispetto ai grandi “classici” del Rinascimento Disney degli anni 90 eppure, costato “appena” 80 milioni (meno di Atlantis e Il Pianeta del tesoro, entrambi degli enormi flop al botteghino) ne incassò 273, sfiorò l’Oscar (assegnato invece a La città incantata, il capolavoro di Hayao Miyazaki) e diventò la IP della Casa di Topolino a poter vantare il maggior numero di sequel, filmici e/o televisivi, spin-off, fumetti e merchandising di qualsiasi tipo, rivelandosi una vera gallina dalle uova d’oro.
Stupisce quindi che l'adattamento live-action si sia fatto attendere davvero così tanto.
Ma forse è meglio così, visto che esce nelle sale di tutto il mondo a pochi mesi da quel disastro globale della rivisitazione, in live-action, di Biancaneve.
La regia, dopo la rinuncia di Jon M. Chu, viene affidata a Dean Fleischer Camp, autore di Marcel the Shell, serie di cortometraggi indie, poi anche mockumentary in live-action e stop-motion anche candidato all’Oscar, su una conchiglia antropomorfa alla ricerca della sua comunità (tematica non poi molto dissimile da quella riportata in Lilo & Stitch) e parte del suo successo deriva probabilmente anche dal fatto che il “nuovo” adattamento Disney parte dalle medesime premesse dell’originale animato: quindi niente delle problematiche revisioni ideologiche di Biancaneve o Mulan, dei cambiamenti estetici de La Sirenetta o dei tentativi di approfondimenti (anche inopportuni) di Aladdin o di La bella e la bestia.
Nessuno stravolgimento e pochissime le differenze con l'amatissimo Classico del 2002 ma, soprattutto, il film funziona perché esplora meglio certe tematiche già presenti nell'originale animato senza tradirne però la forza innovativa di un romanzo di formazione (una bambina orfana un po' starna, una sorella che rinuncia ai propri sogni per tenere insieme quel che resta della sua famiglia, una comunità che si stringe attorno a chi ha bisogno di aiuto e un esperimento alieno in fuga dallo spazio e da chi lo vuole trasformare in un’arma di distruzione), un favola contemporanea che trova piena soddisfazione anche negli echi di una cultura atavica come quella hawaiana, e che si serve dell'amicizia speciale tra una bambina terrestre, tenera e vivace, e un adorabile “abominio” alieno per raccontare di famiglia, di empatia ed elaborazione del lutto, e del trovare il proprio posto nel mondo.
C’è quindi un’interessante commistione di generi nella sceneggiatura di Chris Kekaniokalani Bright & Mike Van Waes, ereditata certamente dal cartone originale ma elaborata in maniera diversa, anche attraverso più umorismo, certo, ma anche con più profondità e, quindi più, (realismo?) autenticità nella gestione del trauma.
In questo buona parte del merito va alla riscrittura dei protagonisti, dalla piccola Lilo, capace di vedere il bello ovunque nonostante sia già stata sfiorata da dolori della vita, a soprattutto il personaggio di Nani, la sorella maggiore, ma anche alla scelta azzeccata delle rispettive interpreti, dalla giovanissima e spontanea Maia Kealoha per Lilo a Sydney Agudong per Nani, entrambe autoctone e capaci di aderire a versioni caratterialmente meno bidimensionali delle rispettive controparti animate, mentre ritornano, seppur in altri ruoli scritti appositamente per l’occasione, Tia Carrere e Jason Scott Lee, in un cast che comprende anche Zach Galifianakis & Billy Magnussen, la coppia di alieni sulla terra e, anche, la componente più forzatamente Slapstick del film, Chris Sanders, sceneggiatore e regista dello splendido Il robot selvaggio oltre che regista del cartone originale e creatore di Stich, che torna a doppiarlo dopo il film del 2002, Courtney B. Vance, Kaipo Dudoit, Amy Hill e Hannah Waddingham come voce della Presidentessa dell’Alleanza Galattica.
L'umorismo e l'ironia sono quindi le chiavi di questo nuovo live-action che non fallisce la missione di riportare su grande schermo i pregi (e meriti) dell’originale, pur districandosi tra qualche rinuncia (qualche personaggio, anche importante, viene a mancare) e necessarie semplificazioni ma focalizzandosi ancora maggiormente sul rapporto di amicizia tra i due piccoli protagonisti, dove il Classico originario invece si concentrava maggiormente sul legame tra le due sorelle, ma anche questa si è rivelata, alla fine, una scelta vincente.
VOTO: 7
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