Regia di Rebecca Zlotowski vedi scheda film
Lilian Steiner (Foster, legnosa), psicoanalista americana trapiantata a Parigi, vuole vederci chiaro sulla morte di una sua paziente (Efira). La versione ufficiale è "suicidio", ma Lilian è convinta che si tratti di un omicidio, anche solo per non ammettere di essersi sbagliata sul conto dello stato mentale della donna. Dapprima i sospetti convergono sulla figlia della paziente (Bajrami), poi sul marito di lei (Amalric). In barba a qualsiasi etica professionale, Lilian si mette a caccia di indizi al fianco dell'ex marito (Auteuil), in una coppia improvvisata da fumetto.
Dopo il riuscitissimo I figli degli altri, il nuovo film di Rebecca Zlotowski delude. Anche stavolta il tema è quello dell'incompiutezza, ed è in questo senso che si può leggere il titolo, nella doppia accezione di "tolta" e di "inaccessibile". La protagonista è una donna incapace di ascolto e di empatia (emblematico il rapporto col figlio e con il nipote), irriconoscente (stavolta a farne le spese sono l'ex e un'ipnotista a cui ricorre per fermare una lacrimazione costante, da rubinetto rotto, tra ipnosi e psicoanalisi in perenne braccio di ferro). Una donna incompiuta, appunto. Ma è l'impianto a essere debole: chiede una sospensione continua dell'incredulità e non trova una collocazione credibile tra tentazioni da commedia, registro giallo e sottofondo drammatico, da romanzo d'appendice, con tanto di cameo di Frederick Wiseman (come nel film precedente), e più di un cliché che ringhia sotto il tappeto. Ne viene fuori una versione abborracciata che richiama Misterioso omicidio a Manhattan, ma con un ritmo stanco e una direzione degli attori a dir poco svogliata.
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