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Diamanti

Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Diamanti

di axe
6 stelle

Il regista Ferzan Ozpetec introduce la direzione di un nuovo film; riunisce intorno a sè alcune attrici ed attori, i quali dovrebbero essere parte del cast; sottopone loro il copione. La vicenda è ambientata nella Roma del 1974; una sartoria specializzata nella realizzazione di costumi per cinema e teatro riceve dalla costumista Bianca Vega l'incarico di realizzare i capi di vestiario da utilizzare in un film di prossima produzione. Bianca Vega, da poco insignita del premio Oscar, è un'artista esigente e dal carattere difficile. Alberta Canova, titolare dell'azienda, ne è consapevole e non intende perdere la prestigiosa commessa; ella amplifica il perfezionismo e la severità che contraddistinguono il suo modo di rapportarsi con le maestranze. Ciò mette a dura prova le sue dipendenti, ciascuna delle quali, pur lavorando con passione e dedizione, non può evitare di condividere sul luogo di lavoro problematiche personali delle quali è afflitta. Ma le donne sanno far gruppo e rispondere alla sfida. Diretto da Ferzan Ozpetec, Diamanti è un film "al femminile"; racconta delle resilienza, della costanza, della forza delle donne, descrivendo il loro essere ed agire in un contesto non facile. Le artigiane che lavorano nella sartoria sono l'"ultima ruota del carro" nell'ambito della produzione cinematografica; pur contribuendo a determinare il successo di un'opera, non ricevono altro riconoscimento che uno stipendio, come vediamo, a volte troppo basso in relazione alle necessità. Non sono singolarmente menzionate tra gli "artisti", dei quali sono costrette a sopportare la lunaticità e la pretenziosità. Le difficoltà lavorative, acuite dalla forte pressione cui le lavoratrici sono sottoposte dalla titolare della sartoria Alberta, s'intrecciano con quelle connesse alla sfera privata. Tra di esse c'è una madre single costretta ad ospitare di nascosto il figlioletto dentro i locali dell'azienda; una moglie vittima della violenza, fisica e psicologica, del marito; una zia costretta a gestire le conseguenze dell'attivismo politico della nipote, anch'essa nascosta in sartoria; una mamma alle prese con la gravissima depressione del figlio adolescente; serpeggiano disillusione e sentimenti negativi. Gabriella, sorella di Alberta ed altra titolare dell'impresa, non ne segue con attenzione l'andamento; ha da alcuni anni perso la figlia a causa di un incidente stradale e trova conforto nell'alcool. La stessa Alberta soffre per un rapporto sentimentale mai sbocciato. Bianca Vega, consolidato il legame con le maestranze, arriva ad ammettere di non essere all'altezza delle aspettative di chi, pubblicamente, la loda. Le storie s'intrecciano; le protagoniste sono coinvolte l'una nelle problematiche dell'altra; non si arrendono; tutte insieme, trovano modo e forza per superare, o sopportare, le difficoltà. Da sole, sono - o credono di essere - niente; insieme, sono tutto. Il cast è ricco di nomi noti del nostro cinema. Luisa Ranieri è Alberta Canova; corretta ma estremamente esigente, nei confronti delle dipendenti, comprende che, per il bene dell'azienda, deve far di tutto pur di accontentare le pretenziose clienti. Cerca nell'impegno lavorativo riscatto per una vita sentimentale insoddisfacente; condivide la gestione della sartoria con Gabriella (Jasmine Trinca), fiaccata dal grave lutto subito, non ancora metabolizzato. Gabriella, a volte assente poichè tornata con la mente al momento della perdita della figlia, o vittima dei fumi dell'alcool, percepisce il suo essere in secondo piano rispetto Alberta; anche ciò la fa soffrire. Ma un barlume di speranza brilla anche per lei. Milena Mancini è Nicoletta, maltrattata da un marito violento contro il quale, anche spinta dalle amiche e colleghe, trova la forza di ribellarsi. Vanessa Scalera, volto tirato, mai sorridente se non in instanti di amara ironia, è Bianca Vega, celebrata e premiata costumista in piena crisi d'identità. Mara Venier interpreta Silvana, la cuoca del laboratorio; ex-ballerina, da quanto racconta, sembra aver toccato il fondo per poi essere riuscita a risalire, dunque è una presenza positiva che non manca d'incoraggiare le compagne, anche con le sue capacità culinarie. Anna Ferzetti è Paolina, timida ma tenace madre single in difficoltà economiche; Geppi Cucciari impersona l'ironica Fausta. Paola Minaccioni interpreta Nina, paziente ed amorevole mamma di un hikikomori ante litteram. Fanno capolino in scena Kasia Smutniak nel ruolo dell'attrice di cinema Sofia Volpi e Milena Vukotic, Olga, la zia delle sorelle Canova. I pochi ruoli maschili sono affidati, tra gli altri, a Vinicio Marchioni - Bruno, marito violento di Nicoletta - Stefano Accorsi - il capriccioso regista Lorenzo - Luca Barbarossa - Lucio, il marito di Gabriella - e lo stesso regista Ferzan Ozpetec, nel ruolo di sè stesso. Il racconto è ambientato, per gran parte della durata, nei locali della sartoria, crogiolo di emozioni, sentimenti, gioie e dolori, delusioni e speranze le quali legano tra loro le donne protagonista, i "diamanti" che il regista di origine turca intende celebrare con la sua opera. In parte, riesce; impossibile non rimanere colpiti dalla resilienza delle protagoniste, solidali tra loro oltre ogni differenza di censo e posizione sociale, capaci di guardare sempre avanti ed aiutare chi, tra loro, si sente perduta. E' apprezzabile anche l'ambientazione scelta da Ozpetec, un laboratorio di sartoria specializzato in costumi, nel quale lavorano gli "invisibili" del cinema, i quali, pur contribuendo alla buona riuscita di un film, non vedono i loro nomi nei titoli di coda. Il ritmo è irregolare; alcune tra le vicende che s'intrecciano destano maggiore interesse, altre meno. Ispirano il racconto, rendendolo a tratti indigesto poichè degrada la spontaneità e diffonde sensazioni di artificiosità, intenti didascalici. La centralità della donna sembra escludere quasi completamente l'uomo dalle vicende; i pochi "esemplari maschi" presenti o descritti, sono di contorno e, per altro, vanitosi, apatici, confusi, violenti, menefreghisti. Donne di pari inconsistenza o caratterizzate negativamente, non se ne trovano. Non può, inoltre, mancare un richiamo alla piaga della violenza di genere. Gli intenti educativi, benchè condivisibili, sembrano prendere il sopravvento, "annacquando" lo spessore della narrazione. Ferzan Ozpetec ha in mano le carte vincenti. Interessante l'idea di fare metacinema; valido il cast; indovinate le ambientazioni. Ma le scelte stilistiche, forse essendo legate ad una volontà di coinvolgere una platea il più estesa possibile, rischiano di scontentare un pubblico più attento e maturo, quello che ha bisogno di essere intrattenuto ed emozionato, ma non educato.

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