Regia di Francesco Costabile vedi scheda film
Il film si presenta inizialmente come un classico dramma cupo ambientato nella Roma più grigia e decadente. Ma già qui si parte con un equivoco: la storia è realmente accaduta, ma a Milano, non a Roma. E questa forzatura geografica, per quanto stilistica, lascia un certo fastidio.
Il film racconta una vicenda vera, carica di messaggi sociali e politici tutt’altro che secondari. Tuttavia, non sempre riesce a mantenere un equilibrio tra il racconto e il sottotesto.
Passando all’interpretazione: gli attori, come spesso accade in queste produzioni, sono di altissimo livello. Barbara Ronchi e Francesco Di Leva sono impeccabili. Da segnalare in particolare Francesco Gheghi, straordinario nel trasmettere emozioni solo con la mimica facciale, senza mai risultare eccessivo.
Più debole, invece, la regia di Francesco Costabile, che ha curato anche la sceneggiatura. Si percepisce una certa voglia di dimostrare abilità con vezzi registici e ghirigori che risultano un po’ pretenziosi. Un pizzico di umiltà in più avrebbe giovato, perché – diciamolo – non è Fellini.
Sul piano politico, il film cade in una rappresentazione semplicistica: i giovani fascisti sono i cattivi, i ragazzi dei centri sociali sono i buoni. Mi dispiace dirlo, ma questa divisione netta è riduttiva, politicamente ed eticamente sbagliata. La realtà è sempre più complessa, e semplificare così certi temi rischia di indebolire il messaggio.
Nonostante il film sia stato giustamente premiato per la bravura del cast, il sottotesto politico ne mina in parte la qualità complessiva.
Un aspetto che sorprende – e su cui pochi si soffermano – è come uno dei temi più forti del film e del libro da cui è tratto, ovvero la totale assenza di supporto da parte delle istituzioni (polizia, carabinieri) verso donne in difficoltà, venga spesso trascurato nelle recensioni. Si preferisce puntare il dito sul padre “cattivo” o sulla fragilità della protagonista. È un atteggiamento che somiglia molto a quello dello struzzo che mette la testa sotto la sabbia.
In conclusione, il film si lascia guardare e stimola discussioni importanti. Dal punto di vista tecnico, però, lascia un po’ a desiderare: la regia avrebbe fatto bene a farsi più discreta, lasciando maggiore spazio alla potenza degli attori.
Ultima considerazione: perché ostinarsi ad ambientare un film a Roma quando la storia vera è avvenuta a Milano? Non ha davvero senso.
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