Regia di Alex Proyas vedi scheda film
"Go home or Burn in Hell"
E' paradossale che uno dei film australiani postapocalittici più belli di sempre e sicuramente per gli anni '80, di un regista che poi avrebbe fatto un film famosissimo- il primo dopo sei successivi anni-, e in cui sarebbe avvenuto un incidente mortale tra i più famosi della cronaca nera del cinema "recente", sia anche un film così sconosciuto a tutti sopra ad una certa latitudine.
Eppure è un vero capolavoro sia visivo che di colonna sonora a firma del talentuoso soundscapes designer e compositore minimalista elettronico, Peter Miller/Scribberelectronic. Unico e induplicabile. Forse vicino soltanto ai primi due film di Richard Stanley, dello stesso periodo.
Proyas proveniva dai videoclip e si vede, senza nulla detrarre a questa stra-abusata definizione, la cura fotografica dai caldi colori e dalle luci ocra e giallo-arancioni del deserto di Broken Hill nel New South Wales, ma anche la padronanza stilistica di un discorso molto coerente fino al più minimo dettaglio scenografico, è stupefacente.
Incastonato come una delle pietre più misteriose ma anche affascinanti, e che riverbera riflessi unici e tutti suoi, questa folgorante opera prima a basso costo fa parte a tutti gli effetti della ricchissima collana di pellicole a tematica post-apocalittica, da sempre così congeniale alla cinematografia degli antipodi.
Contenendone quindi tutte le suggestioni e i marchi tematici, ambientali, ma con un approccio malinconico-esistenzialista ben semplificato nel mito del volo tramite unica forza del vento dell'aliante di legno di un novello Icaro, straniero "eroe anti-eroe" vestito con uno spolverino nero su stivali borchiati e pantaloni di pelle nera, come Max Rockatansky ma di nome Smith(Norman[Norm]Boyd), capitato in un crocicchio(le croci sono ovunque come in "Santa Sangue" dello stesso anno, costruite e dipinte dalla folle sorella e mistica-alla Blanca Guerra- Betty Crabtree[Rhys/Melissa Davis] dell'inventore di alianti paralitico, forse un vero ex importante scienziato Felix Crabtree, interpretato da Michael Lake) di case nel deserto, da chissà dove chissà perché, inseguito da Qualcuno che sarà lì per prenderlo e forse ucciderlo, fra meno di una settimana...forse cinque giorni.
La storia è tutta qui, i personaggi sono solo tre interpretati da tre ottimi attori, ma è come il tutto è narrato con l'apporto di una tale bravura scenografica, e una stupefacente cinematografia dal ritmo della storia ieratico, lento ma avvolgente e dai grandissimi squarci visionari, quasi filosofici, che fin dai titoli di testa grazie anche alla straordinaria musica milleriana, catturano ipnoticamente lo spettatore.
Che un film del genere sia praticamente del tutto sconosciuto come comprova la sua quasi totale assenza di recensioni in italiano, e di una scheda con uno straccio di immagini(molto belle quelle dei manifesti romozionali giapponesi), e oltretutto firmato da uno come Proyas che poi anche se breve, avrebbe avuto una fama spropositata dopo pochi anni, per il corso dei '90, dimostra solo la pigrizia di tanti, troppi "addetti ai lavori".
Spesso troppo presi ancora da tutto ciò che può portare unicamente un ritorno di interesse e visualizzazioni, "clickbait" per i loro servizi e come oggi "rende" di più, video/articoli. E ancor più raramente quindi, che si possano collegare e soffermare su cinematografie che di rado assicurano un tale investimento di condivisioni.
Oltretutto per un film del genere, che è un pò la "versione intellettualistica" ed esistenziale, della stessa trilogia milleriana originale con lo straniero protagonista, nelle lande australiane di una post-apocalisse...."Un tempo c'erano i motori, la tecnologia...le persone si vestivano con abiti nuovi, puliti ed anche eleganti...ti pare possibile oggi tutto questo..."
John Nada
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