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Wolf Man

Regia di Leigh Whannell vedi scheda film

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La recensione su Wolf Man

di zombi
7 stelle

quegli occhi color ghiaccio non sono occhi di lupo; sono gli occhi senza vita di una umanità che ha dimenticato il suo significato

da una leggenda dei nativi e una diceria dei bianchi si arriva alla nostra storia.

il nostro protagonista ha un'infanzia con un padre probabilmente reduce, reclusosi nei boschi dell'oregon alla ricerca di un uomo lupo.

tipico complottismo IU.ESS.EI. 

trent'anni dopo ritroviamo il nostro in the big city, che tenta di scrivere, sposato ad una giornalista business woman-working girl che non ha tempo quasi nemmeno per la figlia.

sanno entrambi che non sta andando bene, e arriva "salvifica" la notizia della morte del padre di lui con tanto di possibilità di recarsi in quei luoghi remoti a recuperare la sua roba.

mal gliene incolse perchè non appena si inoltrano nelle strette stradine di quei boschi, si perdono, ma incontrano il figlio dell'amico del padre che però muore di lì a poco e il nostro protagonista viene ferito da un artiglio del famigerato mostro.

il film è tutto chiuso in casa, salvo alcuni tentativi di fuga, a rimarcare l'assedio in un tentativo estremo di salvare la famiglia che il nostro protagonista ha sicuramente ricercato per tutta la sua vita.

il protagonista si ammala, e la malattia lo trasforma in qualcosa di disumano contaminato con una ferinità animale che ben si adatta al corpo umano.

le sue sembianze umane svaniscono ma non del tutto; il corpo muta in qualcosa che la malattia animale però non riesce a trasformare completamente.

la maledizione nativa-americana o la diceria puritana lo lasciano a metà ; l'animale non ha il sopravvento totale sulla natura umana e l'uomo ovviamente non è più quello di prima, ora è un ibrido a cavallo di due specie che ha ancora memoria dell'amore che provava per la figlia e per la moglie.

il film soffre molto del poco tempo a disposizione per saper esporre nel modo più lineare possibile la storia che vuole raccontare:

c'è il prologo che deve dare informazioni e c'è l'attualità che deve chiarirci altri punti e poi interviene il momento dell'arrivo nel profondo dei boschi emotivi del personaggio e della sua trasformazione in quello che probabilmente per affinità o per eredità doveva diventare.

i momenti di cambiamento del protagonista sono ben svolti e si amalgamano bene con la moglie che cerca invano di aiutarlo a guarire e a tornare quello che era(no) prima.

whannell non è un mercenario del franchise; ha dimostrato di saper dire qualcosa attraverso il meraviglioso genere del thriller e dello horror.

non ha caso ha utilizzato un attore con un fisico del ruolo dell'ordinary man come christopher abbott, col  viso rassicurante di un uomo con tutte le sue fragilità cresciuto, con un padre problematico che lo ha sprofondato in un bosco ad imparare a sopravvivere al mondo dello homo homini lupus, e che lo rimproverava continuamente perchè si perdeva a scrutare la timidizza delle chiome.

il film vive di queste finezze che non sono da poco dal momento che vuole parlare al proprio pubblico e comunicargli qualcosa senza essere paternalistico.

il bosco può essere pericoloso; è giusto sapervici muovere consapevolmente, senza necessariamente diventare diffidenti e aggressivi verso l'altro.

daltronde anche il padre aveva la debolezza di soffermarsi ad ammirare lo stesso identico paesaggio di tutti i giorni; la bellezza era tale che non s poteva fare altrimenti; purtroppo nella foga di proteggerlo e insegnargli a sopravvivere ha mancato nel non trasmettergli il virus della paura o per lo meno a saperla affrontare.

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