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Hey Joe

Regia di Claudio Giovannesi vedi scheda film

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La recensione su Hey Joe

di Souther78
8 stelle

"Hey Joe!". Così venivano chiamati i soldati americani in patria, all'indomani della seconda guerra mondiale. Così veniva apostrofato il giovane Dean, aggirandosi nei sobborghi partenopei. Vi farà ritorno, 25 anni dopo, cambiato e colpito dalla vita, ma pronto a rimettersi in gioco. Un mirabolante viaggio introspettivo che merita la visione.

 
Gli occhi di Dean ne hanno viste ben più di quanto mostrato allo spettatore: non una, ma ben tre guerre, amori iniziati e finiti, tra sensi di colpa e indifferenza, ma con il desiderio di ricominciare facendo tabula rasa del passato.
 
Non conosciamo poi molto nè della storia personale, nè dei pensieri del protagonista, ma si tratta di una precisa scelta registica: possiamo leggere tutto nello sguardo. E' per questo che le inquadrature iniziano e finiscono lì: prima ancora di vedere l'interno (o l'esterno), ne cogliamo il riflesso nel volto di un James Franco, che, lontano anni luce dalle interpretazioni che lo hanno reso famoso, restituisce tutte le sfumature di un animo tormentato ma non piegato dalla vita.
 
Compiuta una brevissima descrizione introduttiva, il regista ci scaglia letteralmente nel mezzo delle vicende umane di Dean, senza troppi convenevoli: la svolta narrativa giunge quasi immediatamente, e da quel momento in poi le scelte saranno sempre più ispirate dai sentimenti.
 
Invertendo il canone hollywoodiano, che vuole tutti gli italioti anglofoni, con il film recitato in lingua inglese, qui la produzione nostrana dà vita alla riproduzione più realistica possibile, cioè l'americano che abbozza qualche parola in italiano, e gli italiani che, salvo eccezioni dettate dal copione, abbozzano qualche parola in inglese.
 
Il viaggio del nostro non sarà una passeggiata: i sobborghi napoletani, con il loro repertorio di povertà, prostituzione, i femminielli, i camorristi, i magnaccia, i contrabbandieri e i conniventi sono in agguato ad ogni angolo, dipingendo un quadro a tinte fosche, che, però, non scoraggerà il protagonista dal condurre la propria "missione".
 
Quel circo folkloristico di personaggi improbabili, eppure assai realistici, viene filtrato dalle reazioni dello straniero, e non è difficile intuire che, nonostante la sua movimentata vita di ex militare, nulla lo avesse preparato a ciò in cui si imbatterà, e che lo costringerà a fare i conti con se stesso. Ribaltando lo stereotipo italico, che vedeva nell'americano un riccone, Dean è spiantato e in bolletta, a malapena capace di provvedere alle proprie necessità. Eppure, non esiterà pur di risollevare quelli che ha a cuore.
 
La grana grossa della "pellicola", mista alle ambientazioni dei quartieri napoletani senza tempo, ci restituisce una genuina sensazione di immedesimazione nel 1971, e non possiamo non apprezzare il lavoro di regia e fotografia, accurato ed efficace.
 
Sarà per l'ottima sceneggiatura, per l'interpretazione di un James Franco decisamente ispirato, o anche per piaggiarci delle immagini, ma l'attenzione è costantemente alta e non troviamo motivi per distogliere lo sguardo dallo schermo, ansiosi di cogliere gli sviluppi della trama.
 
Francesco Di Napoli, complice la barba su entrambi, somiglia effettivamente a James Franco, ma sotto il profilo della recitazione non eccelle: avremmo sperato in una maggiore vis drammatica. A parte ciò, possiamo giusto censurare qualche dettaglio narrativo perlomeno "sbrigativo" (pensiamo alla cessione della casa da remoto e relativo pagamento, per esempio), ma nulla che affligga realmente l'opera. 
 
Un film che ha qualcosa da dire e dare, e che è capace di farlo anche attraverso espedienti originali, risultando in uno spettacolo decisamente appagante e immersivo.
 
Da consigliare, senza riserve.
 
 
 
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