Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
A gelare il sangue non saranno i fantasmi, per una volta.
Il buon Steven Sodenbergh, dopo un buon Black Bag (da me non proprio ben capito), ritorna con un thriller soprannaturale abbastanza particolare. Già intuibile dai trailer per messinscena, ma non per questo meno immersivo.
Una famiglia composta da madre, padre, una figlia e un figlio adolescenti si traferisce in una nuova casa. Fin dall’inizio c’è una presenza spettrale dentro la casa che osserva tutto e che solo ogni tanto, soprattutto dalla ragazza Chloe, si fa’ lievemente percepire e interagisce con gli oggetti e le persone. Durante la loro permanenza vedremo le loro vicissitudini familiari tra rapporti di coppia, discussioni, dialoghi tra padre, madre e figli, dei trascorsi passati non proprio felici, ogni tanto una visita di un amico del fratello Tyler che legherà con Chloe e il tutto procederà in un lieve, ma importante coinvolgimento della Presenza e con un finale rivelatorio, tragico e agrodolce.
Presence (2024): Callina Liang
La prima cosa che colpisce del film è la scelta di mettere in scena tutto circoscritto all’interno dell’abitazione, in soggettiva e di suddividere la storia in diversi piani sequenza ambientati in diversi momenti temporali, ovviamente in maniera lineare e di facile comprensione. Per tutta la durata lo spettatore entra nei panni della Presenza come se fosse lui stesso a partecipare agli eventi quasi sempre in secondo piano e senza mai sfondare troppo nel voyeurismo rendendo molto pulita la regia e lo stesso Sodenbergh invisibile, come lo spettro stesso. Un montaggio raffinato con buoni stacchi e un ritmo contenuto. Una fotografia molto chiara e delle musiche messe nei momenti giusti laddove servono e in poche scene facendo leva in lunghi momenti di silenzio e di leggera tensione. Attori tutti bravi, compresi i due ragazzi e una Lucy Liu in bella forma.
Presence (2024): Lucy Liu
La storia è in pratica un dramma familiare legato a misteri che andranno a palesarsi andando avanti e sfociando in diverse sequenze thriller. A volte connesse con la Presenza e a volte attraverso i dialoghi e le interazioni tra i personaggi. E qui sono ben caratterizzati, soprattutto quando si costruiscono i rapporti tra genitori e figli, nei racconti dei loro traumi e l’elaborazione del lutto della nostra protagonista Chloe per una sua amica assassinata. Ognuno ha una crescita e una formazione ben definite. Il tutto osservato dalla Presenza che ogni qualvolta interagisce per scoprire più dettagli, informazioni e piccoli indizi e anche per cambiare l’esito di alcuni eventi. Un po’ come farebbe lo spettatore quando grida al protagonista di non fare certe cose, ma senza mai uscire dal film. Attraverso il racconto si parerà molto su tematiche importanti quali il confronto genitoriale, la ricerca del dialogo e del confronto, il voler riaffrontare la vita allacciando nuovi rapporti, ma anche il percorso adolescenziale e, purtroppo, la violenza sulle donne. Da non dimenticare che anche la Presenza giocherà un ruolo fondamentale e piano piano si intuirà la sua identità senza però mai rivelarla, almeno direttamente.
Presence (2024): Callina Liang
Salvo alcuni percorsi caratteriali che vengono messi da parte senza finirli del tutto, siamo di fronte ad un film sulla carta a tratti “già visto”, ma che grazie alla particolarità della messinscena diventa praticamente unico nel suo genere. E che una volta ogni tanto non saranno i fantasmi ad essere quelli da temere e da tenere d’occhio.
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